Tre poesie del paese d’estate: “versi che fan naufragio come possono”

Dire di me che sono uno di paese, a me pare una cosa ovvia, dato che sono nato e vivo a mezza valle, in una comunità locale circoscritta e dove le persone che vi abitano, se si incontrano in altro luogo, in città o in pianura, si salutano con un moto sottaciuto di calore, anche se in paese non si sono mai filate…  Certo, è luogo comune,  ma quelli di paese sanno bene quanto sia fine, tenuamente colorata, specifica e unica, l’Aria che abita ogni paese-comunità locale, nel suo essere aggregato contenitore di umanità la cui accettabile differenza pare pitturata sui muri, nelle strade e nei cortili, o deposta silenziosamente negli orti. Soprattutto sanno bene, quelli di paese, quanto seducente sia ri-conoscere dentro di sè impressioni e rappresentazioni che improntano, in momenti della propria esistenza, atmosfere di legame, destinate allo specifico della memoria, del paesano e del paese.  È così che ogni paese ha la sua tinta di fermi immagine con l’Aria che balugina, anche se nella sua estate di mezza valle la brezza (la brìsia) si sente pena apéna.

La camaradaria. Anche Meneghello la chiama così raccontandola nei giochi della sua infanzia di Malo. Stessa funzione: dopo il suo uso precipuo sotto copertoni da bici tutti  bignochécc in cui marcava livelli aulici di resistenza, lei la camaradaria, ormai stracolma di pezze tonde anche a strati, andava tagliuzzata a cerchietti di diversa misura e poi annodati tra loro facendo l’elastico (ol làstech) da usare come arma propria nei combattimenti tra le infantili bande che sciamavano, finita la scuola, nell’estate di paese. Le diverse misure dei cerchietti di camaradaria comportavano le diverse volontà d’uso dell’arma. Anelli grossi comportava grossi tigoni che rimanevano raggrumati come varici sotto le braghe corte o sulla schiena dopo il piccolo spostamento d’aria che comportava il colpo ricevuto. Ma il danno così come le possibilità di tensione del làstech erano relativi ai piccoli bicipiti infantili. Anelli fini e sottili invece facevano un effetto frusta a suo modo delicato, potente nel suo scudisciante abbattersi che lasciava svirgole rosse sulle gambette per giorni; il guerriero colpito se ne andava di corsa a casa scainando zoppicante nella sconfitta e nel silenzio dell’estate. Si perché il gioco del làstech era un gioco estivo che faceva da contraltare più fisico e di movimento al gioco re dell’estate che erano le biglie (i ciche). I bravi giocatori di biglie, infatti, per rinforzare  la parte fisica della loro professione di astuzia e di mira, anche loro, diversificavano ogni tanto con il làstech però usavano solo il làstech fì (sottile) considerato più intellettualmente e tecnicamente lavorabile e utilizzabile. La camaradaria nera era per i principianti e i forzuti, e poco adatta al ricercato gusto del làstech dalla frustata nascosta (la tiga) che i tecnici, con la camaradaria rossa a mescola morbida in produzione Pirelli, amavano  costruirsi con pazienza nel buio dei sottoscala in cui erano infognate le biciclette degli adulti e le camaredaria erano lì, luganighe sgonfie arrotolate sui chiodi alti del muro.

Ecco tre brevi poesie,  una piccola ma intima trilogia, con versi che fan naufragio come possono nell’estate del mio paese.

1) PAÌS.

2) SULLIÙ SÖL MÜR IN PAÌS, LÀSTECH E LÖSÈRTA.

3) SÉNA D’ESTÀT IN PAÌS

PAÌS

Sgarbelade
i mà
e nessù d’óter pensér
che la tèra,
düra.
 
Paìs
l’è quando só mia
per mé cönt
e la sbucuna l’ànema
’n ciapèi,
spòie ligére che sgula
’n soméssa
scüra.
 
L’è vènt compàgn,
ol vènt,
’n di cheèi di s-cècc
’n di fòie di albare
’n di òss di ècc.

PAESE

Accidentate
le mani
e nessun altro pensiero
che la terra,
dura.

Paese
è quando non sono
solo
e si sbocconcella l’anima
in pezzetti
scaglie leggere che volano
in semente,
scura.

E’ vento uguale,
il vento,
nei capelli dei ragazzi
nelle foglie dei pioppi tremuli
nelle ossa dei vecchi.

da SANTÌ. Ed. Teramata BG 2000

 

SULLIÙ SÖL MÜR IN PAÌS, LÀSTECH E
LÖSÈRTA

Ol sulliù
l’incióda i plàtegn,
a l’cös i cóp che ’l  par
de sentirga ol saùr.
 
I té ’l fiàt i lòbie
‘ndo i geragni,
róss foghècc,
i se fà ómbra coma i pöl.
 
L’è ö momènt;
dré al mür
i sa brüsa i póche us fò  per i órcc,
i sa soféga.
A l’fà sito fónd,
l’è fermo ‘mpicàt ol mónd,
svödàt a l’gh’à  ’l respìr,
prima de la tìga.
 
Dòpo
no l’rèsta
che öna lösèrta spiatarada
sö ’l mür
co la éta sbogiada
’n di crèpe.

SOLLEONE IN PAESE, ELASTICO E
LUCERTOLA

Il solleone
inchioda i platani
e cuoce i coppi  che pare
di sentirne il sapore.

Trattengono il fiato i balconi
dove i gerani,
rosso ardenti,
si fanno ombra come possono.

È un attimo;
dietro il muro
si bruciano le poche voci negli orti,
si soffocano.
È silenzioso
è fermo impiccato il mondo
vuoto il suo respiro,
prima della staffilata.

Dopo
non resta
che una lucertola spiaccicata
sul muro,
con la vita rotta
nelle crepe.

da SANTÌ. Ed. Teramata BG 2000

 

SÉNA D’ESTÀT IN PAÌS

Del sul a sablade
i sigale
crapune
i à facc crösca
e al dé
i gh’à tridàt la schéna.
 
Ö zald masnàt
l’ismagia
i büs del cél
e via dré a i bósch
la compàr la Madóna.
 
Tocherà ai grì
tra mia tàt
a egnì macc
in de la boiàca scüra
de la nòcc,
 i tacherà
mal de léna.
 
La sira
sturda
la scàia 
maiòliche
’n del fà sito
de la séna.

CENA D’ESTATE IN PAESE

Del sole a sciabolate
le cicale
testarde
han fatto crusca
e al giorno
han tritato la schiena.

Un giallo macinato
macchia
i buchi del cielo
e a ridosso dei boschi
appare la Madonna.

Toccherà ai grilli
tra non molto
a impazzire
nella boiacca scura
della notte,
inizieranno
mal di lena.

La sera
stordita
scheggia
stoviglie
nel silenzio
della cena.

da US DE RUCH. Ed.LietoColle COMO 2010