La voce della vita. L’uomo, il coronavirus, le guerre e l’algoritmo

Il torrente di notizie e di commenti sul Coronavirus continua a tenere sottotraccia altri fatti e altri pensieri che stanno correndo nel mondo. E’ comprensibile che questo avvenga ma un fenomeno così preoccupante non lo si affronta chiudendo occhi e orecchie sulle tragedie delle guerre, sulla disperazione di bambini, ragazzi e donne che premono ai confini dell’Europa, sul cammino della scienza nei territori dell’umano.

Tenere aperto lo sguardo su quanto sta accadendo nel mondo non è un distrarsi dalla gravità di un contagio ma è affrontarlo con quella consapevolezza e con quella maturità che sono necessarie per passare dal panico alla ragionevolezza, dalla approssimazione alla conoscenza.

Nei giorni scorsi i media hanno sostanzialmente messo da parte la voce della Chiesa e di papa Francesco che si è levata da Bari per la pace nel Mediterraneo. Forse, e purtroppo, questo silenzio era prevedibile perché la denuncia della grande ipocrisia di chi parla di pace e nello stesso tempo vende armi ha colpito nel segno. Insopportabile, di fronte alla violazione dei diritti umani, anche la denuncia di un vuoto politico al quale la Chiesa continua a far fronte con parole e fatti di speranza.

Il silenzio mediatico, tranne alcune eccezioni, è calato anche sulla conferenza dedicata all’intelligenza artificiale tenuta in Vaticano dal 26 al 28 febbraio.

Eppure in questa occasione la voce della Chiesa si è levata in fedeltà al tempo che l’umanità sta vivendo e dentro gli orizzonti verso si quali sta camminando.

E’ il tema della vita che unisce il pensiero sul contagio a quello sulle tragedie della guerra e a quello sulla intelligenza artificiale (AI).

“Questo sviluppo – ha detto papa Francesco rivolgendosi ai partecipanti alla conferenza sull’AI – induce mutazioni profonde nel modo di interpretare e gestire gli esseri viventi e le caratteristiche proprie della vita umana, che è nostro impegno tutelare e promuovere non solo nella costitutiva dimensione biologica, ma anche della sua irriducibile qualità biografica”.

Francesco mette la vita dell’uomo di fronte al rischio della dittatura dell’algoritmo e dice: “la complessità del mondo tecnologico ci chiede una elaborazione etica più articolata”. Il Papa propone un nuovo termine, “algor-etica” e lo indica come “un ponte per far sì che i principi si iscrivano concretamente nelle tecnologie digitali attraverso un effettivo dialogo interdisciplinare”.

La vita prende la parola, non accetta di essere zittita dal virus, dalle guerre, dall’algoritmo.