Donne, diritti e violenza. Dacia Maraini: “Nel mondo tante situazioni di arretratezza”

Oggi è l’8 marzo, giornata internazionale dei diritti della donna che ogni anno ricorda sia le conquiste sociali, economiche e politiche, sia le discriminazioni e le violenze di cui le donne sono state e sono ancora oggetto in molte parti del mondo, Italia inclusa. 

Dall’inizio del 2021 nel nostro Paese sono state uccise undici donne. Queste, però non fanno solo parte di un triste elenco, ma ciascuna di loro aveva un proprio vissuto. 

Ecco perché questa mattina al Quirinale durante le celebrazioni per la Giornata dedicata alle Donne il Presidente Sergio Mattarella nel suo discorso, ha scandito i loro nomi uno per uno: Sharon, Victoria, Roberta, Teodora, Sonia, Piera, Luljeta, Lidia, Clara, Deborah, Rossella. Il Presidente della Repubblica ha parlato in presenza delle più alte cariche dello Stato, tra le quali il premier Mario Draghi.

“Sono state uccise per mano di chi aveva fatto loro credere, di amarle. Per mano di chi, semmai, avrebbe dovuto dedicarsi alla reciproca protezione. Ora siamo di fronte a una dodicesima uccisione: quella di Ilenia. L’anno passato le donne assassinate sono state settantatré. È un fenomeno impressionante, che scuote e interroga la coscienza del nostro Paese”, ha proseguito il Presidente della Repubblica, il quale ha sottolineato che la pandemia, ormai presente da più di un anno e proprio oggi sfonda il tetto dei centomila morti, ha penalizzato soprattutto le donne. 

“Abbiamo 440mila lavoratrici in meno rispetto al dicembre 2020. E sono a rischio un milione e 300mila posti di lavoro di donne che lavorano in settori particolarmente colpiti dalla crisi. L’occupazione femminile è tornata ai livelli del 2016 e la causa principale è stata la crisi del settore dei servizi, nel quale lavora l’85 per cento delle donne”, ha ricordato il Presidente Mattarella citando i dati Istat. Inoltre per l’Inail il 70% dei contagi denunciati sui posti di lavoro riguarda le donne soprattutto nel settore sanitario. 

A motivo di ciò: “È dunque doveroso che la Repubblica rivolga un pensiero di forte gratitudine alle tante donne, che ormai da un anno si stanno impegnando negli ospedali, nei laboratori, nelle zone rosse per contrastare la diffusione del coronavirus. A loro, in special modo, desidero dedicare questa importante giornata”, ha concluso il Presidente della Repubblica. 

Celebrare allora l’8 marzo anche se lo stato attuale delle cose non permette nessun festeggiamento, riflettendo sulla resilienza, sulla capacità di adattamento e sul valore e spesso anche eroismo, delle donne. 

Oggi, nel grave momento che stiamo vivendo, e ieri, nei secoli passati, come dimostra il volume “Il coraggio delle donne” (Il Mulino 2020, Presentazione di Cesare Dosi, pp. 168, 14,00 euro), dove Dacia Maraini e Chiara Valentini, due amiche intellettuali, che hanno in comune una vita di militanza e impegno sulla questione femminile, mediante uno scambio epistolare riflettono sul lungo cammino percorso finora e onorano le tante donne, semmai sconosciute, con una serie di ritratti di alcune, che con il loro coraggio ne hanno segnato il procedere.  

Abbiamo intervistato Dacia Maraini, scrittrice, poetessa, saggista, drammaturga e sceneggiatrice, autrice di romanzi, racconti, opere teatrali, poesie, saggi e narrazioni autobiografiche tradotti in oltre venti Paesi.

Signora Maraini, qual è la condizione attuale delle donne e dei movimenti femminili in questo Terzo Millennio mai così tanto contraddittorio? 

Di quali donne stiamo parlando? Delle donne dei paesi democratici, dove varie rivoluzioni hanno cambiato la condizione femminile o del mondo intero? Se parliamo dei paesi democratici, dove sono stati riconosciuti i diritti umani e civili, direi che le cose sono cambiate moltissimo negli ultimi 70 anni. Se invece guardiamo al mondo intero, la condizione delle donne è ancora molto arretrata.

Dopo millenni di società patriarcali, nel Novecento le donne hanno compiuto la loro rivoluzione, pensiamo al coraggio di Franca Viola, prima donna italiana a rifiutare il matrimonio riparatore nella Sicilia della metà degli Anni Sessanta. Nel volume scrive che il cammino è ancora lungo, ma qualcosa sta cambiando. Desidera farci un esempio? 

Beh, basta leggere le cronache. Le donne hanno avuto accesso a professioni che prima erano loro negate, ma ancora fanno fatica a trovare credito e prestigio. Guadagnano meno degli uomini e per la maggioranza hanno sulle spalle il peso dei lavori casalinghi e di cura in famiglia. Insomma in maggioranza fanno ancora un doppio lavoro: quello di casa, di cura e quello esterno. Questa la ragione per cui nei momenti di crisi, finiscono per pagare di più. Ricordiamo la statistica di pochi giorni fa che dava le donne disoccupate per la pandemia al 90 per cento di tutti i disoccupati.

Nella seconda parte del libro, dedicato alle “Donne coraggiose” della storia, cita il padre della scienziata ante litteram Ipazia di Alessandria, il padre di Emily Dickinson e il padre della matematica settecentesca Gaetana Agnesi, tutti uomini intelligenti e capaci di riconoscere il valere delle figlie. E le loro madri? 

Le madri storicamente non avevano il potere di influire sul destino delle figlie. Quasi sempre erano le poliziotte, che dovevano garantire l’applicazione delle leggi dei padri. Questo le ha rese nemiche della libertà delle figlie. Oggi le cose sono cambiate e spesso le madri riescono a stare dalla parte delle figlie, ma non quanto vorremmo. Penso a tutte quelle situazioni di disagio familiare in cui le figlie subiscono violenza dai compagni, dai mariti ma non riescono ad avere solidarietà in famiglia. Le madri ancora una volta, per paura o per abitudine culturale, preferiscono stare dalla parte degli uomini dominanti. 

Un’altra “donna coraggiosa” è stata Vibia Perpetua, “pochissimo conosciuta e pochissimo ricordata”. Ce ne vuole parlare? 

Vibia era una ragazza di grande forza e coraggio. Era cristiana in un momento in cui i cristiani erano perseguitati dai romani che, nella loro vincente brutalità, li mandavano in pasto agli animali selvatici. Il rogo verrà dopo, nel Medio Evo, e saranno gli stessi cristiani che lo useranno contro altri cristiani ritenuti ribelli. Ma torniamo a Vibia Perpetua che credeva nelle parole di Cristo, trattava gli schiavi come fratelli e pregava di nascosto. Purtroppo qualcuno fa la spia e la denuncia alle autorità romane. Il giudice la manda a chiamare e le chiede se è vero che sia cristiana. E lei che aveva appena partorito un figlio e poteva benissimo mentire – nessuno l’avrebbe rimproverata per questo, probabilmente neanche Cristo – risponde al giudice: “Sì, sono cristiana, non posso mentire, è la mia fede”. Il giudice che la sapeva madre da poco, cerca di ricordarle che deve curare il neonato, e le garantisce che se abiurerà la lascerà libera. Ma Vibia risponde che non abiurerà, e che il figlio, crescendo, capirà che lei ha agito per il bene. Il giudice la condanna a morte e la manda, assieme con il gruppo dei suoi schiavi, che coraggiosamente avevano rifiutato di abiurare, all’arena. Una punizione orrenda, uno spettacolo amato dai romani, in cui migliaia di persone assistevano all’uccisione dei condannati da parte di orsi, leoni, tori. Alle donne toccavano i tori che le sbudellavano e le gettavano per aria, agli uomini i leoni o gli orsi. Vibia ha aiutato fino all’ultimo l’amica schiava che stentava a morire facendole coraggio ed è morta anche lei coprendosi il ventre che il toro aveva denudato. 

Nel nostro Paese il 2020 è stato un Annus horribilis per violenze sistematiche sulle donne. Secondo il report dell’Istat sulla criminalità e gli omicidi in Italia “gli assassini di donne sono stati nel primo semestre 2020 pari al 45% del totale degli omicidi, contro il 35% dello stesso periodo 2019, e hanno raggiunto il 50% durante il lockdown nei mesi di marzo e aprile 2020”. Questo mentre l’anno appena iniziato registra già una serie impressionante di femminicidi. Che cosa accade nella mente dell’uomo violento?

L’uomo non è violento per natura, un bambino non nasce assassino, ma lo diventa quando cresce e si identifica con un sistema di valori tradizionali. Un fatto puramente culturale. La bambina viene educata alla seduzione e alla sottomissione, il bambino all’asserzione e al dominio. Crescendo di solito gli uomini si rendono conto che i ruoli sono cambiati e non combaciano più con le antiche tradizioni, per questo accettano i cambiamenti e si adeguano, anche se malvolentieri, alle nuove libertà femminili. Quando però un uomo, soprattutto se è fragile, impaurito e debole, identifica la propria virilità col possesso e il dominio, di fronte all’autonomia della donna che considera sua proprietà, entra in una crisi tale che può trasformarsi, senza neanche pensarci, in un criminale. Non gli importa più se farà del male ai suoi figli, a se stesso e se finirà in prigione, perché perde la testa e diventa altro da sé.