Arte come il pane

′′′Macinare il grano, legare acqua, farina, lievito, un pizzico di sale, impastare, attendere, cuocere, e poi sfornare il pane fragrante. È il cibo più semplice, il pane, e insieme un simbolo eucaristico, che riunisce tutta la comunità intorno alla stessa tavola. Racconta tutto questo la mostra «Il Pane. Cibo per la vita nell’arte dal 1500 ad oggi» al Macs (Museo d’arte e Cultura Sacra) di Romano di Lombardia (vicolo chiuso 22).

È la seconda esposizione del ciclo dedicato al progetto «Beati gli invitati», studiato anche in vista dell’Expo 2015, in cui il percorso culturale si lega al tema dell’alimentazione. L’anno scorso la prima esposizione di questa serie è stata dedicata all’acqua, quest’anno tocca al pane, l’anno prossimo sarà l’olio e nel 2015 il vino. Sono mostre che hanno un indubbio valore dal punto di vista artistico e culturale, ma che diventano poi attività che coinvolgono tutta la comunità in molte maniere: «Prima di tutto – spiega il parroco, monsignor Tarcisio Tironi – quando abbiamo annunciato l’argomento abbiamo anche rivolto a tutti l’invito a trovare oggetti devozionali che potessero far parte della mostra». Ma poi il tema viene sempre agganciato al programma pastorale dell’anno ed entra nella vita quotidiana della comunità attraverso segni grandi e piccoli. Per esempio durante l’avvento l’immagine del pane è legata a un progetto di solidarietà: «In questo tempo di crisi, in cui tante famiglie sperimentano la povertà, vogliamo far diventare concreta la nostra preghiera a Gesù Bambino: il frutto dei nostri sacrifici e dei nostri risparmi lo offriremo perché il pane non manchi alla tavola dei poveri. Ogni giorno, adulti e bambini, cercheremo di fare una piccola rinuncia e di mettere il corrispettivo nella cassetta delle elemosine di Sant’Antonio». A fare da sfondo a questa iniziativa è la storia del «pane di Sant’Antonio, un prodigio avvenuto a Padova dopo la morte del Santo.

Oltre a questo il museo stesso è fatto in modo da risultare un punto di snodo, al quale tutti possono attingere, e dove molti entrano, in modi diversi, un posto dove si gettano semi per la vita della comunità. C’è una sola persona che lavora al museo: a farlo funzionare, poi ci sono una cinquantina di volontari. Ogni giorno vengono organizzate visite guidate e ci sono laboratori rivolti ai ragazzi delle scuole: soltanto per questa mostra fino ad ora sono arrivati al museo oltre novecento ragazzi. Il museo stesso è nato dal territorio: «C’era già dagli anni ’60 – racconta monsignor Tironi – il desiderio di mettere insieme le opere che si trovavano nei depositi della parrocchia creando un museo. Sei anni fa abbiamo iniziato promuovendo iniziative culturali oppure percorsi di catechesi a tema. Poi lo spazio è stato ristrutturato sulla base di un’idea di museo che potesse cambiare e trasformarsi nel tempo adattandolo alle esigenze della comunità e ai temi sui quali riflettere. C’è uno spazio aperto all’arte contemporanea, per dare modo di vedere come anche oggi si “racconta” il sacro». Accanto alle opere d’arte c’è anche una ricca biblioteca, accessibile a tutti, con testi inclusi nel sistema di ricerca delle biblioteche nazionali: «Ci siamo proposti – continua il parroco – di offrire ai ricercatori la possibilità di consultare l’archivio, i documenti, i testi che abbiamo, e di venire qui a studiarli: c’è una sala di lettura apposita. Abbiamo iniziato con un piccolo nucleo di testi, poi arricchito da numerose donazioni, così com’è accaduto anche con le opere del museo. Sono gli stessi visitatori che a volte esprimono il desiderio di arricchire la raccolta, e così cresce anche il legame del museo con il territorio».

La biblioteca ora possiede oltre ottomila testi, un fondo dedicato ai santi di quattromila tomi: «Ogni tanto – osserva monsignor Tironi – ci arrivano richieste di consultazione anche dall’estero. Molti di questi libri li abbiamo salvati dal macero. E diventano fonti preziose per i ragazzi delle scuole, che spesso restano stupiti, affascinati e incuriositi dai libri antichi».

I parrocchiani dimostrano una grande passione per il loro museo: «Spesso nascono idee proprio da loro: l’estate scorsa abbiamo ospitato una serie di incontri con giovani artisti con lo stile semplice dell’happy hour e sono arrivate al museo oltre mille persone». Tra i più preziosi collaboratori del museo ci sono l’architetto Bruno Cassinelli e il conservatore Angelo Ioda, che si occupa degli allestimenti. I visitatori sono stati quarantamila in sei anni. Sul museo nel tempo sono nate anche delle tesi di laurea. «E ci siamo inseriti – spiega il parroco – nella rete dei musei ecclesiastici della diocesi ma anche in quella di altre realtà del territorio come i musei di Soncino e Gallignano, con i quali portiamo avanti attività comuni. La Chiesa è capace di promuovere cultura e c’è n’è sempre bisogno. Philippe Daverio, che è passato di qui di recente per ammirare “L’ultima cena”, il capolavoro del Moroni che si trova nella chiesa parrocchiale e che l’anno prossimo presteremo alla National Gallery di Londra, addirittura ci diceva che gli piacerebbe portare la nostra mostra a Milano».

La mostra è molto articolata e si snoda in parte nella sede del museo e in parte nella chiesina di San Defendente e nelle sale della sagrestia. Ad aprire l’esposizione una scultura di Carlo Previtali, autore bergamasco contemporaneo, «Virtù della Carità», in ceramica Raku. Poi, sotto il porticato, si vedono tutti gli attrezzi che venivano utilizzati in passato per macinare il grano, setacciare la farina, impastare, infornare il pane. Una sezione «storico antropologica» sviluppata in collaborazione con il sistema museale Moese. Il tema del pane, sacro e profano, viene poi illustrato attraverso una ricca serie di quadri, divisi in tre sottosezioni. La prima è dedicata al pane nella vita quotidiana: nature morte, ritratti come il «Ragazzo con bicchiere e pane» di Fra Galgario. Le opere, alcune davvero pregevoli, arrivano per la maggior parte dal territorio della diocesi. Ci sono opere di Albrecht Dürer, Antonio Cifrondi, Emile Bernard, Enea Salmeggia, Romanino, Luigi Bellini, e tanti altri. Poi si ammira una selezione di dipinti che illustrano temi veterotestamentari e introducono al tema eucaristico: punto culminante del percorso è l’Ultima cena del Moroni nella chiesa parrocchiale. E infine, una rilettura del tema del pane in riferimento alla vita dei santi. Nella chiesa di San Defendente, di per sé un piccolo gioiello, ci sono suppellettili liturgiche dedicate al pane e patene, pissidi, ostensori, tabernacoli, tronetti eucaristici, cibori, forme per le particole. Ci sono infine immagini dedicate alla religiosità popolare con l’esposizione di alcune centinaia di immaginette devozionali tra le quali quelle distribuite a Pasqua, a Romano, dal 1847 al 2013, immagini degli anniversari dei preti e delle prime comunioni, che raccontano una fede quotidiana e semplice.  «Anche i tessuti di arredo degli altari – spiega monsignor Tarcisio – sono stati una vera sorpresa e rappresentano una ricchezza da scoprire». Realizzati a mano, finemente e preziosamente ricamati con temi eucaristici, delicatissimi.

L’arte diventa anche un mezzo per aprire il dialogo tra culture e tradizioni diverse: a Romano, in particolare, da un anno e mezzo è sorta una parrocchia rumeno-ortodossa. «Qui vivono 1097 rumeni» spiega il parroco. Celebrano nella chiesa accanto alla comunità Gasparina. Il 7 e 8 dicembre sarà un’occasione particolarmente solenne, in cui il metropolita ortodosso della Lombardia porterà le reliquie di Sant’Andrea, e in quell’occasione è in programma anche una visita al Macs di Romano, che custodisce alcune pregevoli icone. Per l’occasione alcuni cantori rumeni si esibiranno in un’introduzione musicale alla messa delle 18,30 nella chiesa parrocchiale. «Ci scambieremo gli auguri – conclude monsignor Tironi – ci sarà un pranzo all’oratorio, e poi anche noi ricambieremo la visita. Questi incontri, che abbiamo avviato da tempo, anche con l’aiuto di una mostra dedicata alle icone, hanno favorito l’integrazione tra le due comunità: conoscendosi vengono meno diffidenza e paura, e si impara a collaborare e ad apprezzare la diversità come ricchezza».

Per informazioni sulla mostra, aperta fino all’8 dicembre, e sui laboratori per i ragazzi: www.arteculturasacra.com, info@arteculturasacra.com, telefono 0363902507.