Politica e credenti

Povero il mio amico parroco di Belsito! Il problema “fede e politica” gli sta avvelenando la vita. Faccio un esempio tra tanti. Per alcuni suoi parrocchiani, molto “fedeli” per altro, ogni domenica e ogni altra festa comandata egli dovrebbe lanciare sacri fulmini contro il Cavaliere e compagnia brutta; per altri, non meno fedeli, dovrebbe scomunicare tutti quelli del PD per le note nefande ragioni; non parliamo di Vendola col suo orecchino, dello xenofobo Calderoli e del comico Grillo.

«PREGATE PER QUELLI CHE S TANNO AL POTERE»

Immaginate il pandemonio che il poveretto ha, suo malgrado, suscitato in parrocchia quando, il 22 settembre scorso, domenica XXV del tempo ordinario, come da sempre vuole la liturgia della Parola di quel giorno, ha commentato il brano della Prima Lettera di S. Paolo a Timoteo (2, 1-8), dove tra l’altro l’apostolo scrive: «Carissimo, ti raccomando, prima di tutto, che si facciano domande, suppliche, preghiere e ringraziamenti... per i re e per tutti quelli che stanno al potere, perché possiamo trascorrere una vita calma e tranquilla con tutta pietà e dignità».

Gli era già più volte arrivata in passato qualche puntura di spillo per il fatto che quasi ogni domenica nelle preghiere dei fedeli c’è un’intenzione per le autorità civili, ma questa volta il patatràc è successo perché aveva osato fare addirittura l’omelia su questo tema. I più non fecero una piega. Per due ragioni: anche a Belsito sono ancora molti quelli che ascoltano con rispetto e perfino con fede chi, secondo loro, nelle cose di Bibbia… ne sa di più; molti sono pure quelli che ascoltano con due orecchie, una per lasciare entrare le cose e l’altra per lasciarle uscire immediatamente. Ci furono però anche alcuni, di tutti i versanti politici, che, al solo sentire enunciare il tema, sobbalzarono e reagirono. Dai più gentili arrivarono rimostranze forti, ma tutto sommato garbate; dagli altri si arrivò anche all’insulto.

Il malcapitato pastore della parrocchia dal nome così bello cercò di difendersi come potè, sottolineando con la sua nota pazienza alcuni punti dell’ omelia contestata.

Primo, fece notare che aveva commentato parole di S.Paolo alla fine delle quali il lettore aveva acclamato: «Parola di Dio!». E i fedeli presenti avevano risposto tutti senza obbiettare: «Rendiamo grazie a Dio».

Secondo, mise in evidenza che, quando S. Paolo aveva scritto quelle parole, a Roma comandava nientemeno che Nerone, un imperatore che te lo raccomando.

Terzo, mostrò che S. Paolo non raccomanda di pregare a sostegno del tale o tal altro uomo di potere e della sua linea politica. Raccomanda di pregare per chiunque sia al potere, allo scopo – si noti bene – che «noi possiamo trascorrere una vita calma e tranquilla con tutta pietà e dignità».

E qui, il parroco di Belsito ha aggiunto che, se, nella nostra situazione attuale, innegabilmente indecente, nelle discussioni in materia politica, invece di lasciarci prendere dalla generale accanita faziosità, noi cristiani, a qualunque parte politica siamo legittimamente affezionati, fossimo appassionati sì, ma civili, e soprattutto ci pregassimo sopra un po’ di più, non guasterebbe affatto.

«CHI SONO IO PER GIUDICARE?»

Quarto, il parroco di Belsito non riesce proprio a capire perché alcuni suoi parrocchiani non accettino queste cose così belle, chiare e costruttive e lo critichino fastidiosamente perché non si schiera “con parresia” contro i nemici del bene della nazione, nemici che poi son sempre quelli dell’altro partito.

L’altro giorno il poveretto mi confidava con amarezza:  «Ma poi, chi sono io per dovermi mettere a condannare questo o quest’altro dal pulpito? Neanche Gesù ha fatto discorsi contro Tiberio, Pilato, o Erode… Paolo addirittura non ha mai condannato la schiavitù. Eppure hanno fatto cadere gli imperi».

Io ho cercato di consolarlo dicendogli che anche Papa Francesco è uscito recentemente con una domanda simile: «Chi sono io per condannare?…».

IL TUO PARERE

È la domanda che anche il sottoscritto inoltra ai suoi quattro lettori. Sbaglia il parroco di Belsito?