Cosa sarà successo a don Biagio e ai tifosi del sindaco Foresti? Ecco la terza puntata del nostro feuilleton 2.0 “Pane e Noci”. Il testo è dello scrittore Alessio Mussinelli, l’illustrazione è affidata a Matteo Gubellini. Buona lettura.
Fatti due conti, il presidente dell’unione sportiva – che ricopriva ad interim la carica di economo – si lasciò cadere sulla sedia. In cassa erano rimasti ottantasei euro, dai quali andava sottratto il canone mensile di abbonamento a Sky che il sindaco aveva insistito a far installare nella sede.
– O si rinuncia alla grigliata, o si trovano altri dindini.
– A questo ci penso io – disse il Foresti mettendosi una mano sul petto, il che stava a significare che la grigliata in qualche modo si sarebbe fatta. A costo di passare le notti a rubar polli da cuocere.
Il sindaco con la velocità di un ghepardo si inventò la Festa della Riconciliazione tra i Popoli e ne propose l’organizzazione al primo consiglio comunale, di modo che si finanziasse l’acquisto della carne. La proposta fu accolta con estremo favore e grande partecipazione dalla minoranza del consiglio, lungi dal vederci del marcio, che una festa del genere la proponeva da anni con l’intento di far socializzare le famiglie di etnie diverse.
Detto fatto, il Foresti scucì dalle casse municipali cinquecento euro tondi e chiese al gruppo volontari di creare spazi adatti ad ospitare l’evento. Un tendone per riparare dalla pioggia, un paio di camini per cuocere la carne, una friggitrice e una bombola a gas con annesso fornello su cui cuocere i cibi etnici che una delegazione di immigrati aveva chiesto di poter preparare.
Il sabato seguente, un’ora prima del fischio d’inizio del derby, si sparse tra le vie del paese un intenso aroma di carne e spezie che distolse i più dal cioccolato olandese di don Biagio. Così la chiesa tornò a essere vuota e le tribune a riempirsi, ma il reverendo non ne ebbe a male. Vedere banchetti di carne alla griglia di fianco a un’enorme padella di cous-cous lo ringalluzzì. Che fossero bianchi, gialli, rossi, neri o verdi, tutti se ne stavano a guardare la partita cibo in mano. Fosse venuta l’apocalisse, si sarebbero trovati nel girone dei golosi, uno fianco all’altro. Caso d’integrazione post mortem.
L‘iniziativa ebbe un buon impatto sull’umore della cittadinanza e sul derby calcistico. Merito anche dell’arbitro che voleva salvare le gomme invernali nuove e concedeva punizioni solo alla squadra di casa.
Al ventiduesimo minuto del primo tempo, quando tutto lasciava presagire che la squadra del Foresti sarebbe passata in vantaggio, accadde che le tribune si svuotarono e la chiesa si riempì. Colpa, ad essere precisi, del coriandolo.
Uno dei rappresentanti della minoranza in consiglio comunale si era lanciato nella degustazione di una zuppa di pomodoro e coriandolo fatta in casa da una ragazza algerina. Una vera delizia per il palato, non per quello del consigliere che era poco avvezzo ai gusti esotici e si lasciò scappare un colpo di tosse che spaventò il volontario alla friggitrice provocando uno schizzo d’olio che finì per metà sul fondo del tendone e per metà sui carboni ardenti della griglia. Ne divampò un incendio che in pochi secondi avvolse la bombola del gas e obbligò i presenti, giocatori inclusi, alla fuga verso la chiesa dove don Biagio stava recitando l’omelia.
Angelo lasciò il banco, si avvicinò alla folla impaurita e si fece raccontare l’accaduto.
– Accomodatevi – bisbigliò ai nuovi giunti che non vedevano l’ora di riparare la testa sotto i banchi – datemi un cellulare per favore.
I presenti si guardano coi musi lunghi, fingendo d’aver spento il telefono prima d’entrare. Carletto, un ragazzino sui tredici anni basso quanto un bambino di terza elementare, si avvicinò e gli porse il suo.
– Te lo presto solo se mi fai una ricarica.
Angelo afferrò il telefono e corse fuori.
– Che c’è, la partita non era di vostro gusto? – chiese don Biagio ai calciatori che ticchettavano sul pavimento di marmo come cavalli in una sala da ballo.
– La tenda ha preso fuoco, siamo venuti a ripararci – gli rispose l’arbitro che s’era nascosto in un angolo perché si sentiva a disagio a stare in chiesa combinato a quel modo.
– Ecco – attaccò don Biagio – le braccia del Signore ci proteggono.
– Spero siano di cemento armato o quella bombola ci fa secchi – si fece scappare l’arbitro.
Don Biagio lanciò un’occhiata alla moglie di Angelo ch’era rimasta tra i banchi, abbandonò l’altare e si precipitò all’esterno. E proprio mentre il pesante portale si chiudeva alle sue spalle, si levò un boato che fece tremare le vetrate e saltare i cuori in gola a tutti i presenti. Fedeli e non.
(continua…)
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