Prima il Vangelo

«Non ho mai compreso l’espressione valori non negoziabili. I valori sono valori e basta, non posso dire che tra le dita di una mano ve ne sia una meno utile di un’altra. Per cui non capisco in che senso vi possano esser valori negoziabili. Quello che dovevo dire sul tema della vita, l’ho scritto nell’esortazione Evangelii Gaudium». Cosi Papa Francesco ha risposto ad una domanda di Ferruccio De Bortoli, direttore de “Il Corriere della Sera”. Una risposta che chiude una stagione, durata a lungo, troppo a lungo, risalente alla Nota dottrinale sull’impegno dei cattolici in politica della Congregazione per la dottrina della fede, firmata nel 2002 dal cardinale Ratzinger. Ci sono state versioni di elenchi più estese – peraltro poco conosciute dai più – ma nella sostanza il nocciolo duro rimane quello che ruotava attorno alla triade vita, famiglia e scuola. Battaglia – quella per i valori non negoziabili – che si è rivelata, spesso, un’arma a doppio taglio perché si è corso il rischio di ridurre la fede in dottrina e ideologia e di consegnare, tatticamente, il messaggio cristiano al partito più spregiudicato, alla folla di atei devoti che brandivano la fede cristiana (che non avevano) come elemento di identità e di contrapposizione.

UN OSSIMORO E UN’IDEOLOGIA

Non solo. Occorre riconoscere anche l’ambiguità di tale battaglia. Perché per un verso – lo ricorda ancora papa Francesco – i valori sono tutti non negoziabili, perché assoluti. Non bisogna certo attenuarne la forza ma non bisogna nemmeno irrigidirli in formule morali o legislative. Dall’altra, i valori si danno nella storia e dunque necessariamente sono negoziabili. Non basta ribadire l’intangibilità (peraltro già messa in crisi dal costume): i cristiani vivono nella città di tutti e salvare i valori in cui credono è possibile solo attraverso il senso della negoziazione. Bisognerà certo fare attenzione che non vi sia una svendita ma, mostrandone la pertinenza antropologica, favorire, attraverso il dialogo e il confronto, il maggior consenso possibile. E questo implica la capacità sapienziale di una graduazione di quegli stessi valori, che per il nostro personale comportamento di cristiani risultano invece stelle polari incrollabili. È il valore della mediazione: i valori ultimi non sono negoziati ma in sede politica occorre sostenerli con le armi della politica, che sono, necessariamente, legate al consenso e alla graduale possibilità di insediamento. Ben venga dunque l’invito di Papa Francesco a rinunciare all’uso retorico e politico dei valori non negoziabili. Un invito che, non è difficile prevederlo, porterà non pochi sconquassi e manifesti malumori. Anche perché, come ha rilevato acutamente Faggioli, il Papa si sta muovendo nella direzione di de-ideologizzare il messaggio morale della Chiesa: quando la proclamazione dei valori avviene in modo astratto e staccato dalla preoccupazione pastorale per il bene concreto delle persone a cui quel messaggio si rivolge (che siano coppie sposate, omosessuali, conviventi non sposati, divorziati risposati), il messaggio evangelico diventa ideologico.

 LA PRIORITÀ DEL VANGELO

E’ evidente che Papa Francesco, con le sue continue sollecitazioni, inviti a guardare al Vangelo, non all’ideologia per cui i valori, la loro applicazione nella pastorale e la loro traduzione etico-politica fanno parte di un castello da difendere a oltranza, dove tutto è intoccabile e dove non sono possibili interpretazioni o sfumature. Il Vangelo vede la persona concreta, in carne e ossa, non i principi. Questi ultimi danno un orizzonte di vita buona, orientano il cammino, ma poi quando si ha a che fare con le persone bisogna tenere conto dei vissuti, accogliere, accompagnare senza giudizio. Si tratta di annunciare l’amore di Dio Padre e aiutare le persone ad avere fiducia in questo amore: così si intraprende una strada di novità di vita. I valori aiutano le persone, non costruiscono gabbie.

Quante, in nome dei valori, ne abbiamo costruite!

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