Due anni fa le è stato conferito il “Premio Beato Giovanni XXIII”, un premio che richiama l’attenzione sull’opera dei missionari bergamaschi nel mondo. Lei è suor Graziella Dolci, missionaria comboniana originaria della Valserina e si trova in Uganda dal 1977, dove svolge attività di sostegno e coordinamento alle diverse congregazioni locali.
«Lavoriamo in particolar modo nel settore dell’educazione – racconta – e della sanità. Con un’attenzione per l’emancipazione della donna. Cerchiamo poi di preparare i futuri leader che ci sostituiranno in questo lavoro, data la carenza di suore in quest’ultimo periodo».
Suor Graziella in questi giorni si trova a Bergamo, ma a breve ripartirà per l’Uganda. In questi anni ha operato in Karamoja, regione situata nel nord est, al confine tra Sudan e Kenya: «È una zona semideserta – spiega – dove la povertà è ancora molto forte. Ora la situazione dell’Uganda è più tranquilla: in passato ci sono stati molti problemi di sicurezza, si doveva stare attenti ad uscire la sera. Negli ultimi anni, grazie a una campagna per il ritiro delle armi, le acque si sono calmate: le strade sono più sicure e si può viaggiare tranquillamente». Una settantina le suore comboniane presenti, suddivise in 13 comunità, ed altrettanti frati comboniani. A Matany, nella diocesi di Moroto, si trova l’ospedale «San Kizito», realizzato proprio dai missionari comboniani, annoverato tra i migliori in attività dal Ministero della Sanità ugandese, sia per le cure ospedaliere «classiche» (di natura curativa e riabilitativa) che per la medicina preventiva. Problemi di convivenza con le altre religioni non ci sono mai stati: «Convivono cristiani, musulmani, protestanti, in un clima di rispetto. Spesso si partecipa alle reciproche feste».
«All’inizio – continua suor Graziella – aiutavo in una scuola femminile primaria. Insegnavamo inoltre a leggere e scrivere a ragazze più grandi e in un altro centro insegnavamo alle donne a cucire ed essere indipendenti. Abbiamo dato priorità alle donne: stanno facendo un grande cammino, prima non venivano mandate a scuola, dovevano sempre aiutare in casa. All’inizio c’erano solo le nostre scuole e spesso dovevamo andare a casa a prendere le bambine e portarle a lezione, perché i familiari non volevano, ora invece hanno capito il valore dell’educazione e le bambine frequentano tranquillamente la scuola. Spesso interveniamo sostenendo economicamente le famiglie meno abbienti, grazie a sponsorizzazioni che arrivano dall’Italia». Per sei anni suor Graziella ha lavorato in una scuola tecnica nel distretto di Moroto: «I giovani hanno difficoltà a trovare lavoro – prosegue – e ciò, unito alla situazione di povertà, può portarli alla delinquenza». Dal 2000 suor Graziella si trova a Kampala, la capitale, e svolge un lavoro più burocratico, ma non per questo meno utile: aiuta i missionari a districarsi tra le varie documentazione necessarie. «In questi anni ci hanno accompagnato povertà estrema, miseria, fame e insicurezza – conclude suor Graziella -. Vi era poi la mancanza di comunicazione: si poteva stare anche fino a cinque o sei mesi senza potersi muovere a causa delle strade impraticabili per le piogge, o senza ricevere nessuna lettera. La povertà è rimasta, ma piano piano la Chiesa è cresciuta ed ora ci sono sacerdoti e suore locali che aiutano. È stato fatto un bel cammino di fede».