Ascensione. Un altro modo di vedere il Paradiso

Nel primo racconto, o Teòfilo, ho trattato di tutto quello che Gesù fece e insegnò dagli inizi fino al giorno in cui fu assunto in cielo, dopo aver dato disposizioni agli apostoli che si era scelti per mezzo dello Spirito Santo… (Vedi Atti degli Apostoli 1, 1-11. Per leggere i testi liturgici di domenica, festa dell’Ascensione, clicca qui)

Luca inizia la prima lettura di oggi, parlando del libro che ha già scritto: il vangelo. Adesso scrive un nuovo libro, il secondo volume della sua opera, gli Atti degli Apostoli, che racconta le vicende della prima comunità cristiana. Si rivolge a un certo Teofilo, per presentargli la sua opera. Chi sia Teofilo non si sa bene. Forse un amico, forse l’editore che ha permesso a Luca di diffondere il suo primo volume. Potrebbe essere comunque uno di quei personaggi che, già simpatizzanti per il cristianesimo, erano “in attesa” per capirlo a fondo. Luca, in ogni caso, prende occasione per dire in sintesi quello che aveva già raccontato precedentemente, nelle ultime battute del “primo volume” e parla delle apparizioni e conversazioni di Gesù risorto con i suoi, degli ordini e degli incarichi dati loro, dell’ascensione di Gesù al cielo e del ritorno degli apostoli a Gerusalemme…

“FU ELEVATO IN ALTO”

Luca dice dunque, raccontando l’ascensione di Gesù al cielo dice, semplicemente, che Gesù «fu elevato in alto», in cielo. E’ il termine che anche altrove la bibbia usa per indicare il distacco dalla terra da parte di alcuni personaggi particolarmente amati da Dio e indica anche la diversità della nuova vita che questi personaggi iniziano dopo la loro morte. E’ il caso di Elia, ad esempio (2 Re 2, 9-11): Mentre (Elia ed Eliseo) camminavano conversando, ecco un carro di fuoco e cavalli di fuoco si interposero fra loro due. Elia salì nel turbine verso il cielo.

L’assunzione avviene dopo che Gesù ha raccomandato di non allontanarsi da Gerusalemme che è il punto di arrivo di tutti gli eventi della sua vita e poi della diffusione della Chiesa nel mondo, dopo la discesa dello Spirito Santo. Al momento della “salita” al cielo una nube sottrae Gesù dagli occhi dei discepoli. La nube accompagna spesso fenomeni di apparizioni divine. Basta ricordare il Tabor. Ma i discepoli vengono invitati a tornare nel mondo e a viverci. La vita della comunità cristiana, infatti, non è uno sterile guardare verso il cielo. È attesa del ritorno di Gesù dal cielo, ma vivendo nella storia, sulla terra, in mezzo agli uomini e alle loro spesso intricate vicende.

GESÙ RISORTO DIVENTA IL PARADISO

Dio dov’è?, ci chiediamo spesso. Il cielo è vuoto. Siamo come gli amici di Gesù che guardano verso il cielo e non vedono più nessuno. Avevamo costruito tutta la nostra società sulla presenza di Dio. Per la verità, molti oggi continuano a farlo. Molti credenti e, oggi, anche dei non credenti, si affanno a dire che Dio è qui, ancora, ad assicurare il buon andamento del mondo. Altri, invece, hanno cessato di preoccuparsi e si comportano come se Dio non ci fosse e come se il Signore non dovesse tornare. Il problema, per loro, non esiste più. Il compito di noi credenti, invece, è di annunciare che il cielo vuoto è il cielo pieno dell’attesa. Più si aspetta e più ci si dà da fare perché l’attesa sia buona. Il cielo vuoto è la condizione della nostra ricerca. Solo così sì va verso di lui.

Ma il cielo verso il quale speriamo di andare, che cosa è? «Il cielo è la dimensione che si crea quando la creatura fa il suo ingresso definitivo nella realtà divina. Andare in cielo significa andare a Dio; essere in cielo significa essere presso Dio. Il cielo non c’è, ma si forma nel momento in cui la prima creatura giunge definitivamente-escatologicamente a Dio. Il cielo si forma dunque con la risurrezione ed esaltazione del Cristo. Propriamente parlando non dovremmo dire che Gesù viene assunto in cielo ma che egli viene assunto definitivamente per vivere presso Dio e diventare così il cielo. Cielo è dunque il corpo peumatico, “spirituale” del risorto» (Kasper).

DIVERSAMENTE VICINI

Proviamo a pensare al lutto per la morte di una persona cara. Quando il lutto riesce, si perde il rapporto fisico con lei, ma si guadagna lo stesso rapporto più alto, più spirituale. Non è una perdita, non è solo una perdita. Anche l’esperienza dell’amore ci può dire qualche cosa. L’amore vero rinuncia all’altro come copia di se stesso e arriva all’altro come altro, diverso. Così con l’Ascensione: Gesù passa dalla prossimità fisica alla “coabitazione spirituale”, dalla vicinanza a pochi alla vicinanza a tutti coloro che accolgono lo Spirito. Gesù è presente nel fiume, non è più necessario il contatto con la sorgente. Diversi atteggiamenti recenti denunciano spesso un esasperato desiderio di vicinanza fisica, di contatto. E’ una fede sincera ma immatura. Noi andiamo in paradiso quando “facciamo corpo” con il corpo definitivamente glorioso del Signore. Ma il corpo definitivamente glorioso del Signore è un corpo donato. Per cui noi siamo già in paradiso quando amiamo nel Signore e quando saremo pienamente corpo con lui porteremo con noi tutto l’amore vissuto in questa vita. È per questo motivo che l’esame di ammissione al paradiso verterà sull’amore. Vedi Matteo 25. Non si può diventare cosa sola con il corpo amante del Signore se non si ha amato.