Immagine: San Francesco davanti al Sultano (particolare), Assisi, basilica superiore
Cara suor Chiara, siamo passati con la mia famiglia, da Assisi e abbiamo visitato la basilica superiore di Assisi. La scena di “San Francesco davanti al Sultano” dipinta da Giotto ci ha fatto discutere, tra di noi, sui problemi attuali circa i rapporti con l’Islam, con le notizie drammatiche che arrivano dall’Iraq. Dal tuo punto di vista il racconto del “successo” di Francesco davanti al sultano non è un po’ fuori dal tempo, del nostro tempo e, forse anche, dal tempo di Francesco? Non corriamo il rischio anche oggi di sognare un rapporto positivo, di sognarlo soprattutto perché i rapporti reali sono deludenti? Grazie. Giorgio
Caro Giorgio, gli interrogativi che mi poni sono complessi e meritano seri approfondimenti e competenze appropriate. Cerco di offrirti semplici e limitati spunti di riflessione.
FRANCESCO E IL SOVRANO ISLAMICO
L’esperienza di Francesco d’Assisi con il sultano che tu citi, deve essere collocata nel suo contesto storico e spirituale e deve essere riletta e interpretata. Narrano le Fonti che «Francesco assetato di anime, tre volte si mette in viaggio per recarsi dai Saraceni, pronto a donare la sua vita con il martirio, per compartecipare all’opera della salvezza, per predicare la fede cristiana e la conversione ai Saraceni e agli altri infedeli e condurli alla chiesa». Fu accolto e ascoltato dal sultano, ammirato dal suo annuncio, constatandone la sincerità di vita. Francesco non raggiunse la conversione del Sultano né il proprio martirio, ma lasciò un esempio che servì a imprimere più profondamente la fede cristiana nello spirito di lui. Dopo questa visita il sultano trattò con i principi cristiani per una soluzione pacifica che però fu rifiutata.
DIALOGO NONOSTANTE
La missione profetica di Francesco può ispirare ai nostri giorni l’avvicinamento dialogico con l’Islam, costruendo rapporti di conoscenza, dialogo, scambio e preghiera dentro un mutuo rispetto. Questo non sottovaluta la complessità attuale dei rapporti con il mondo islamico, e non tace le tragedie di questi giorni nell’Iraq, tragedie annunciate e poste alla riflessione internazionale già da molti anni e mai affrontate, né vuole minimizzare le continue vessazioni e violenze che impediscono la libertà di espressione religiosa dei cristiani. Occorre tenere alto e vivo il dialogo, nonostante i fondamentalismi e l’apparente inutilità di ogni sforzo (non da ultimo la preghiera di Papa Francesco a Roma con il presidente Israeliano e palestinese). Esso è una condizione necessaria per la pace e un dovere per i cristiani e per tutte le comunità religiose. Il Papa nell’esortazione apostolica “Evangelii Gaudium” ha un passaggio molto significativo che ci apre a una preghiera accorata, al rispetto, all’assunzione di responsabilità e alla speranza nella certezza che il sangue dei martiri, oggi come ieri, è seme di vita cristiana. Dice: «Per sostenere il dialogo con l’Islam è indispensabile la formazione adeguata degli interlocutori, non solo perché siano solidamente e gioiosamente radicati nella loro identità, ma perché siano capaci di riconoscere i valori degli altri, di comprendere le preoccupazioni soggiacenti alle loro richieste e di fare emergere le convinzioni comuni. Noi cristiani dovremmo accogliere con affetto e rispetto gli immigrati che arrivano nei nostri paesi, così come speriamo e preghiamo di essere accolti e rispettati nei paesi di tradizione islamica. Prego, imploro umilmente tali paesi affinché assicurino libertà ai cristiani affinché possano celebrare il loro vero culto e vivere la loro fede, tenendo conto della libertà religiosa che i credenti dell’Islam godono nei nostri paesi! Di fronte ad episodi di fondamentalismo violento che ci preoccupano, l’affetto verso gli autentici credenti dell’Islam deve portarci ad evitare odiose generalizzazioni, perché il vero Islam e un’adeguata interpretazione del Corano si oppongono ad ogni violenza.