San Paolo ai cristiani adulti

Immagine: Pierre-Étienne Monnot, San Paolo (Roma, Basilica di s. Pietro)

Un giorno un mio chierichetto, che in storia stava studiando gli illuministi, mi chiese: «Ma, don Giacomo, gli illuministi lo sono davvero o son loro che dicono di esserlo?». «Matteo, sei forte! Hai già capito tutto».

I CRISTIANI MATURI NON SONO QUELLI CHE DICONO DI ESSERLO

Mi è venuto in mente quell’episodio quando, mi sono imbattuto in una frase pronunciata da Benedetto XVI il 28 giugno 2009, ai primi Vespri della solennità di S. Pietro: «I cristiani adulti non sono quelli che dicono di esserlo». E quindi il Papa, facendo riferimento a S. Paolo, precisa che «la fede adulta si oppone ai venti della moda. Sa che questi venti non sono il soffio dello Spirito Santo; sa che lo Spirito di Dio si esprime e si manifesta nella comunione con Gesù Cristo». E poi aggiunge che «Paolo descrive la fede matura, veramente adulta in maniera positiva con l’espressione: “agire secondo verità nella carità» (cfr Ef 4, 15).
«Agire secondo verità nella carità»: bellissimo! E S. Paolo si intendeva bene di “cristiani adulti”. Aveva dovuto occuparsene a Corinto in occasione dell’accesa disputa sugli “idolotiti” (le carni di animali sacrificati agli idoli parte delle quali [quelle che avanzavano al consumo diretto dei sacerdoti pagani], finivano sui banchi delle macellerie o dei mercati). Il problema era se i cristiani potevano comperare e consumare quella carne “sacrilega”. Ora, i cristiani più semplici temevano che fosse come partecipare in qualche modo ai sacrifici idolatrici e quindi si guardavano bene dall’acquistare quella merce per l’alimentazione della propria famiglia, anche a costo di qualche penosa privazione. I cristiani più formati invece, avevano colto che il nucleo della fede cristiana è che Cristo è l’unico Signore, il quale ci ha liberati perché fossimo liberi da ogni indebita soggezione e da ogni infondata paura. Questi sapevano bene che gli idoli sono divinità false e inesistenti e quindi si sentivano del tutto liberi nei confronti di quelle carni che provenivano da riti senza alcun vero valore sacro e quindi senza alcun potere di inquinamento religioso.

La loro posizione denotava, non c’è che dire, una bella introduzione nella conoscenza spirituale del mistero di Cristo Signore e S. Paolo se ne compiaceva, perché questa è la Scienza, uno dei doni dello Spirito santo. Ma l’Apostolo fa subito un’aggiunta importante: «Attenzione però, fratelli, che la vostra libertà non sia di scandalo, di inciampo ai piccoli e ai semplici. Non dimenticate che il Signore ha versato il suo sangue per la loro salvezza. Ve lo dico chiaro: se sapessi che la mia libertà di comportamento offende e crea difficoltà alla fede di uno di questi piccoli, vi assicuro che sarei pronto a non mangiare carne in eterno».

LA SCIENZA SENZA L’AMORE NON EDIFICA

Questo è l’agire secondo verità nella carità, di cui scriverà l’Apostolo agli Efesini. La Scienza spirituale, se non è accompagnata dalla carità, gonfia soltanto, non edifica minimamente. Ciò che edifica è l’amore. È la conclusione che Paolo dà a questo problema al cap. 8 della Prima Lettera ai Corinzi.

A memoria d’uomo, a mia memoria, mi pare un discorso di grande attualità. Pensiamo anche solo ai danni causati alla Chiesa dal Concilio in poi da tanti che avevano capito subito tutto e si lanciavano già con entusiasmo verso il Concilio Vaticano III senza darsi il tempo, la pazienza, di far lievitare consapevolmente la massa incolpevolmente impreparata.
Non ho mai dimenticato mio papà che, dopo aver ascoltato un prete che, come allora a volte succedeva, si era sadicamente compiaciuto di far soffrire i suoi ascoltatori con le sue provocazioni “conciliari”, mi disse: «Se quel tuo confratello voleva ferirci c’è riuscito; ma se voleva farci capire, accettare e cambiare, ha sbagliato tutto». Aveva ragione. Fin dai tempi di Geremia, compito dei profeti è sì quello di sradicare e demolire, distruggere e abbattere, ma è anche quello di edificare e piantare (Ger 1,10).
L’ “adultità” di preti e cristiani adulti, se non è accompagnata dalla carità, rischia di gonfiare d’orgoglio improduttivo loro stessi e di danneggiare fortemente il cammino di fede del popolo di Dio, nel quale, fin dai tempi di S.Paolo, «non ci sono molti sapienti dal punto di vista umano, né molti potenti, né molti nobili». Dovrebbe però far pensare tutti il fatto, pure sottolineato da S.Paolo, che «Dio preferisce quello che è stolto per il mondo proprio per confondere i sapienti».