Gesù fra dottrina e pastorale del matrimonio

Immagine: La Samaritana al pozzo, di Marko Ivan Rupnik

Se si fosse trattato soltanto di ribadire la dottrina sul matrimonio, non era necessario un Sinodo, come, a detta di Papa Giovanni, non era necessario il Concilio se fosse stato solo per «trasmettere integra, non sminuita, non distorta, la dottrina cattolica» e solo per «richiamare più dettagliatamente quello che i Padri e i teologi antichi e moderni hanno insegnato» (Gaudet Mater Ecclesia numeri 2-5).

NON LA DOTTRINA MA IL MESSAGGIO EVANGELICO OGGI

Il problema allora del Concilio e ora del Sinodo era quello di studiare pastoralmente il modo in cui «questa dottrina certa ed immutabile, alla quale si deve prestare un assenso fedele, sia approfondita ed esposta secondo quanto è richiesto dai nostri tempi».  «Altro è infatti – continuava Papa Giovanni – il deposito della Fede, cioè le verità che sono contenute nella nostra veneranda dottrina, altro è il modo con il quale esse sono annunziate, sempre però nello stesso senso e nella stessa accezione».

Allo stato attuale dell’umanità per quanto riguarda la famiglia, è evidente a tutti che le situazioni di fatto, le filosofie, le legislazioni, le tendenze sono altrettante grossissime sfide alla Chiesa portatrice della Buona Notizia del Signore. In un simile quadro, il problema della Chiesa è proprio questo: non tanto il ribadire la dottrina, ma come farla passare nella situazione effettiva di oggi.

È un problema che alla Chiesa non piomba addosso di sorpresa e che quindi non la trova impreparata. È un problema che lei ha dovuto affrontare in ogni epoca della storia e in ogni luogo in cui ella si è trovata a portare avanti la sua missione di far discepole del Signore tutte le genti.

Se Paolo VI, davanti all’Assemblea delle Nazioni Unite, ha potuto definire con umile fierezza la Chiesa come “esperta in umanità”, è proprio perché essa, a partire dalla Pentecoste, ha imparato, spesso a fatica e a caro prezzo, a parlare tutte le lingue.

Qualcuno è rimasto deluso per il fatto che il Sinodo non ha dato subito le risposte che si attendevano. Ma è giusto così, perché, per quanto esperta in umanità e per quanto sicuramente assistita dallo Spirito santo, la Chiesa non ha lì nel cassetto le ricette pronte all’uso. Benvenuto quindi, per tutti, Pastori e Laici, l’anno di tempo che ci separa dalla fase finale del Sinodo fissata già da tempo dal Papa, e non come espediente, per la fine del 2015.

TORNIAMO A GESÙ: DOTTRINA E PRASSI

A mio parere, sarebbe bello se cominciassimo a riflettere su come Gesù stesso, nostro Signore e Maestro, si è posto di fronte a uno dei problemi più caldi che il Sinodo doveva affrontare, quello dei divorziati e dell’atteggiamento della Chiesa nei loro confronti. Personalmente, ho pensato di concentrarmi su tre momenti: uno riguardante la dottrina del matrimonio e due la pastorale.

Riguardo alla dottrina, in Matteo 19,3-11, «si avvicinarono a Gesù alcuni farisei per metterlo alla prova e gli chiesero: ″È lecito ad un uomo ripudiare la propria moglie per qualsiasi motivo?″. Ed egli rispose: ″Non avete letto che il Creatore da principio li creò maschio e femmina e disse: Per questo l’uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie e i due saranno una carne sola? Così che non sono più due, ma una carne sola″. Quello dunque che Dio ha congiunto, l’uomo non lo separi».

Gli obiettarono: ″Perché allora Mosè ha ordinato di darle l’atto di ripudio e mandarla via?”. Rispose loro Gesù: “Per la durezza del vostro cuore Mosè vi ha permesso di ripudiare le vostre mogli, ma da principio non fu così. Perciò io vi dico: Chiunque ripudia la propria moglie, se non in caso di concubinato, e ne sposa un’altra commette adulterio”.

Gli dissero i discepoli: “Se questa è la condizione dell’uomo rispetto alla donna, non conviene sposarsi”. Egli rispose loro: “Non tutti possono capirlo, ma solo coloro ai quali è stato concesso”».

Questa è dottrina chiara e fuori dei denti. E perfettamente ortodossa.

Ma vediamo ora due episodi in cui Gesù, il Maestro dalla dottrina così chiara e netta, ma che è anche e soprattutto Salvatore dell’umanità, si trova a dover prendere posizione pratica senza venir meno all’ortodossia.

Ci sono riferiti tutti e due da Giovanni. Il primo (4,1-20) è quello della Samaritana. La donna era venuta ad attingere acqua al pozzo di Giacobbe, fuori città, tutta sola in pieno giorno, indice già questo per quei tempi di una certa avventatezza. Lì aveva incontrato Gesù che se ne stava tutto solo in attesa degli apostoli. Tra i due si snoda un dialogo pieno di allusioni cariche di mistero da parte di Gesù e di fraintendimenti perfino comici da parte della Samaritana. A un certo punto Gesù taglia corto e viene al dunque: «Va’ a chiamare tuo marito e vieni qui«. «Io non ho marito» risponde la donna. «Lo so -dice Gesù- ne hai avuti cinque e quello che hai  adesso non è tuo marito». Posizione religiosamente irregolarissima, che più irregolare non si può. Come si comporta Gesù? Sorprendentemente non le dice di andare a mettersi in regola. Le aveva appena detto poco prima: «Se tu conoscessi il dono di Dio…!» e lei, dopo un tentativo di sviare il discorso che la metteva a disagio, gli dice: «So che deve venire il Messia; e quando verrà ci annuncerà ogni cosa». E Gesù che ti fa? Confida proprio a lei: «Sono io che parlo con te». (Non si ha notizia che nel Vangelo Gesù abbia fatto a qualcun altro una rivelazione così esplicita della sua messianicità). La donna lascia lì tutto, compresa l’anfora, corre in città e diventa… la prima missionaria di Gesù come Messia.

Il secondo fatto riferito da Giovanni (8,1-11) è quello dell’adultera, che i farisei portano davanti a Gesù perché si pronunci sulla condanna alla lapidazione che la legge imporrebbe per donne di quel genere. Conosciamo la risposta di Gesù: «Chi di voi è senza peccato scagli per primo la pietra». I farisei si sentono smascherati nella loro ipocrisia e se ne vanno tutti, «cominciando dai più anziani». (Forte questa osservazione dell’evangelista!). A quel punto Gesù le dice: «Nessuno ti ha condannata? Neanch’io ti condanno. Ma adesso va’ e d’ora in avanti non peccare più».

QUALCOSA CHE FA PER NOI

Gesù nei due episodi citati non smentisce e nemmeno diminuisce la forza di quello che ha detto chiaramente e nettamente nel vangelo di Matteo sull’indissolubilità del matrimonio, ma, nei casi citati, partendo dalla situazione di fatto pone le premesse perché le persone interessate facciano i passi che occorrono per arrivare all’ideale di Dio creatore, che ha progettato di due una carne sola, e di Cristo salvatore che, stando a S. Paolo (Ef 5,25), ha proposto di amare il proprio coniuge come egli ha amato la Chiesa.

Papa Francesco, il 25 ottobre scorso, nell’udienza ai rappresentanti del movimento apostolico Schoenstatt particolarmente impegnato nella pastorale familiare, spinge in questo campo la Chiesa a imitare Gesù; la invita «a perdere tempo nell’accompagnare le coppie e le famiglie nei loro cammini” proprio “come ha fatto Gesù che ha perso tempo accompagnando, per far maturare la coscienza, per curare le ferite». La Chiesa – scrive Avvenire riassumendo – è chiamata a stare con chi è ferito e ad  accompagnarli “al sempre“.

In questo anno di riflessione che ci prepara alla fase finale del Sinodo, potremmo chiederci proprio questo: come si comporterebbe Gesù oggi con le samaritane e i samaritani dai molti matrimoni, e con le adultere e gli adulteri tutt’altro che rari, e con i farisei dalla lapidazione facile?