Natale/«Fate i buoni»

Il messaggio natalizio più martellante, da ottobre in poi, è quello della pubblicità del panettone: «Fate i buoni!». A tal punto che, se il «fate i buoni» lo dicessi io alla Messa di mezzanotte, per effetto dei riflessi condizionati, son sicuro che ai miei parrocchiani parrebbe di sentire in bocca il sapore del dolce di stagione.

MESSAGGI CHE SENTONO DI TELEVISIONE PIÙ CHE DI CHIESA

A Natale, si dice, si è tutti più buoni. Diciamo piuttosto che a Natale si è tutti più impregnati di zucchero vanigliato e che questi messaggi sdolcinati sentono più di televisione che di Chiesa.
Eppure, non c’è che dire, il «fate i buoni» è davvero uno dei messaggi più autenticamente natalizi. È anzi uno dei più importanti, anche se non è quello fondamentale.
Il messaggio fondamentale è che «Dio è con noi». Dio, il creatore dell’universo, nella persona del Bambino di Betlemme, è venuto nientemeno che a condividere in tutto la nostra condizione umana. In tutto, eccetto il peccato, il male che ci sta inquinando il cuore e che sta guastando di brutto i rapporti vitali tra di noi.
«Fate i buoni… Tornate a fare i buoni… Siate buoni».
Per questo, non basterà che ci diamo una spruzzatina di insulso buonismo che alla prima soffiata di vento contrario se ne vola via. Occorrerà proprio che ci lasciamo cambiare l’impasto del cuore. E quello che fu il bambino di Betlemme questo lo può fare.

«CHI MANGIA DI ME VIVRÀ PER ME». NON PARLAVA DI PANETTONE

È sceso apposta dall’alto dei cieli.
Diventato grande, un giorno ebbe a dire a chi lo seguiva: «Chi mangia di me vivrà grazie a me».
Non parlava di panettone con lo zucchero vanigliato e i canditi. Parlava di pane, di vilissimo pane comune. La sera prima di morire tragicamente (morte prevista e accettata come conclusione della sua missione) egli prese appunto del pane, lo spezzò e lo distribuì dicendo: «Questo è il mio corpo offerto in sacrificio per voi. Mangiatene tutti». Adesso si capisce che cosa voleva dire quando ha detto: «Chi mangia di me vivrà grazie a me».
A Natale, in Chiesa, danno di questo pane che, come si può ben capire, è pane di vita che chi ne mangia non muore.
Fa tristezza che a Natale questo pane sia meno ricercato del panettone. Il vero «fate i buoni» viene dal Signore e poi dalla Chiesa e non da una pasticceria, fosse pure la più rinomata.

«FATE I BUONI». DAVVERO

C’è da fare ancora un’osservazione a proposito di questo pane. Quando Gesù ha detto: «Prendete e mangiate, questo è il mio corpo dato per voi», ha aggiunto: «Fate questo (= fate così) anche voi in memoria di me». Ogni volta che comunichiamo a quel pane, cioè a Gesù che si dona totalmente, anche noi diventiamo più capaci di uscire di chiesa pronti a dire a tutti quelli che incontreremo e, se fosse possibile, a tutta l’umanità: «Questo è il mio corpo, la mia vita per voi».
Il  «fate i buoni», quello vero, nasce qui. E si realizza, per esempio, quando un marito dice alla moglie, e viceversa, nella buona e nella cattiva sorte: «Questo è il mio corpo, la mia vita, per te». E quando i genitori lo dicono ai figli. E gli amici agli amici. I lavoratori ai compagni. Gli impegnati nel sociale e in politica ai concittadini che desiderano una convivenza sociale più giusta, più vera, più felice. Perché sia davvero un buon Natale, andiamo a prendere questo pane che ci è offerto gratuitamente. Non ha la minima traccia di vaniglia né di canditi. Pensate, è persino insipido e non è nemmeno lievitato. Ma “contiene in sé ogni dolcezza” e appaga la fame dell’anima.