Il Battesimo di Gesù e la divina esuberanza dei segni

Immagine: Gian Paolo Cavagna (1609), Battesimo di Gesù Cristo (particolare), Chiesa di Sant’Agata, Martinengo

In quel tempo, Giovanni proclamava: «Viene dopo di me colui che è più forte di me: io non sono degno di chinarmi per slegare i lacci dei suoi sandali. Io vi ho battezzato con acqua, ma egli vi battezzerà in Spirito Santo» (Vedi Vangelo di Marco 1, 7-11. Per leggere i testi liturgici di domenica 11 gennaio 2015, festa del Battesimo di Gesù, clicca qui)

Noi facciamo oggi come i primi cristiani: partiamo dal nostro battesimo per capire qualche cosa di chi è Gesù e, viceversa, proprio perché si capisce chi è Gesù che si capisce anche che cosa è il battesimo.

IL CIELO SI APRE

Gesù, dunque, si fa battezzare nel Giordano dal Battista. Il Battista stesso enuncia, solennemente, la grande differenza fra il suo battesimo e quello di Gesù. La convinzione era già presente nell’Antico Testamento quando si dice che sarà lo Spirito Santo a liberare la comunità dalle sue infedeltà come un’acqua purificatrice. «Vi aspergerò con acqua pura e sarete purificati; io vi purificherò da tutte le vostre sozzure e da tutti i vostri idoli; vi darò un cuore nuovo; metterò dentro di voi uno spirito nuovo, toglierò da voi il cuore di pietra e vi darò un cuore di carne» (Ezechiele 36, 25-26).
Dunque, al tempo dell’annuncio del Battista, Gesù scende da Nazaret e si fa battezzare nel fiume Giordano. Mentre si fa battezzare, il cielo si apre, cioè Dio, che sta nei cieli, si apre all’uomo, parla con lui: la separazione fra Dio e gli uomini è finita. Sopra Gesù appare una colomba. Forse l’avengelista pensa a quel passaggio cruciale delle prime pagine della bibbia, quando si racconta la creazione: “La terra era informe e deserta e le tenebre ricoprivano l’abisso e lo spirito di Dio aleggiava sulle acque”. Oppure pensa alla colomba che Noè ha fatto uscire dall’arca, segno di un castigo finito e di una umanità di nuovo riconciliata con Dio. Mentre, dunque, i cieli si aprono e mentre la colomba ribadisce la presenza di Dio, come in una nuova creazione, una voce viene dal cielo a proclamare l’identità di Gesù, con le espressioni del primo celebre carme del servo sofferente di Isaia: Gesù è il servo nel quale Dio si compiace. Dio è qui, dunque, e in Gesù le antiche attese di Israele si realizzano…
Parola e vita
Gesù, dunque, inizia la sua attività pubblica di predicatore itinerante. In quel preciso momento fa un’esperienza particolare della presenza del Padre nella sua vita. Questo avviene mentre Gesù si mette insieme con i peccatori e condivide fino in fondo la sua vita con loro già dai primi istanti della sua attività pubblica. La sua vita inizia dunque con queste due forme di fedeltà: fedeltà al Padre, fino ai vertici più alti immaginabili: egli è il Figlio; e fedeltà agli uomini fino alle profondità più abissali: egli è in mezzo ai peccatori. La logica della croce è già scritta nell’evento del battesimo.

L'”IMPERO DEI SEGNI” AMOROSI

Il Natale, l’Epifania e adesso il battesimo di Gesù ci hanno acclimatato a una molteplicità di forme di manifestazione di Dio e quindi di segni. Sono queste, infatti, le feste della “manifestazione” di Dio agli uomini. Dio, in effetti, è straordinariamente esuberante nel dichiarare il suo interesse per gli uomini. Nasce Bambino, si fa vedere ai pastori in mezzo a un tripudio di angeli, il cielo parla di lui, si fa vedere ai Magi con il corteo sontuoso di una stella, mentre si fa battezzare i cieli, come a Natale, si aprono e parlano… le feste che abbiamo celebrato e che stiamo celebrando sono piene di segni. Va notato che il linguaggio dei segni è il tipico linguaggio amoroso. L’amore usa tutto quello che trova per dirsi: il cielo, le stelle, un oggettino d’oro, un mazzo di fiori, un sms… tutto diventa messaggio e quindi tutto diventa segno. Uso tutto quello che mi capita a portata di mano per dirti: ti voglio bene. Dio fa così con noi. Pastori, angeli, stelle, magi, la carne fragile di un bambino tutto egli prende per dire: guardate come vi amo.
Di fronte a questa esuberanza divina, noi che cosa facciamo? Forse noi non amiamo più Dio e, non amandolo più, non riusciamo neppure a capire la sua esuberanza simbolica. Bisogna lasciarsi amare per capire i segni dell’amore.