Mattarella, Renzi e il cattolicesimo democratico. Qualche appunto di storia per capire

Il dopo-Mattarella è denso di attese, speranze, giudizi ricostruttivi della vicenda e qualche malizioso arrière-pensée.

QUELLO CHE HA FATTO RENZI, QUELLO CHE HA SPERATO BERLUSCONI. QUELLO CHE HA DETTO MATTARELLA

Tutti coloro che hanno osteggiato Renzi – la sinistra radicale, la minoranza del PD vetero-socialdemocratica e cattolico-democratica alla Rosy Bindi – sia per il suo stile di leadership sia per le sue ipotesi di riforme elettorali e costituzionali, dopo averlo atteso al varco di una sconfitta della sua strategia presidenziale, oggi non nascondono di puntare su Mattarella per “una rivincita” su Renzi. Attendono “sorprese”, nel senso che Mattarella dovrebbe, analogamente a quanto fece Pertini con Craxi, tagliare le ali – o almeno provarci – al disegno riformatore di Renzi, in nome della Costituzione più bella del mondo. Aggiungono, come ha fatto Bersani, che l’elezione di Mattarella avrebbe dato un colpo al cosiddetto Patto del Nazareno, imputato di aver rimesso nel gioco Berlusconi. La controprova sarebbe che anche Berlusconi denuncia la fine del Patto, perché lo avrebbe appunto estromesso. In realtà, solo Berlusconi sosteneva che l’elezione del Presidente fosse uno dei capitoli del Patto per le riforme elettorali e istituzionali. Renzi lo ha sempre negato. Il presidente del Consiglio ha sempre delimitato l’area del Patto, ma anche sempre difeso il rapporto con Berlusconi, proprio perché le riforme concernenti le regole del gioco non si fanno con gli amici, ma con gli avversari, che non sono mai “nemici”. A Renzi serviva un Presidente, che condividesse l’itinerario di transizione alla Terza Repubblica, quale è delineata dall’asset di riforme previste. Ora, il discorso ufficiale di insediamento del neo-Presidente scoraggia ogni rivalsa conservatrice: «E’ significativo che il mio giuramento sia avvenuto mentre sta per completarsi il percorso di un’ampia e incisiva riforma della seconda parte della Costituzione. Senza entrare nel merito delle singole soluzioni, che competono al Parlamento, nella sua sovranità, desidero esprimere l’auspicio che questo percorso sia portato a compimento con l’obiettivo di rendere più adeguata la nostra democrazia. Riformare la Costituzione per rafforzare il processo democratico… Come è stato più volte sollecitato dal Presidente Napolitano, un’altra priorità è costituita dall’approvazione di una nuova legge elettorale, tema sul quale è impegnato il Parlamento». Si potrebbe osservare che un discorso non fa primavera, tanto più in un giorno in cui la retorica delle parole è autorizzata a fare aggio sulla realtà fattuale.

LA STORIA. IL LIBERALISMO MODERNO È DI MATRICE CATTOLICA

Solo che “il discorso” scaturisce da una biografia e da una storia politica, che vale la pena di indagare. Commentatori e politici ignoranti della storia politica del Paese e della DC si sono precipitati a denunciare il rischio di “morire democristiani”, contrariamente a quanto auspicava una famosa prima pagina de Il Manifesto del 28 giugno 1983: Matteo Renzi democristiano, Mattarella democristiano! Poiché è evidente che la DC non c’è più e che Matteo Renzi è segretario del PD, appare esercizio intellettualmente più serio andare a vedere quali sono le categorie fondanti della cultura politica di Renzi e di Mattarella. I due insieme: perché a dispetto delle differenze generazionali e culturali, l’humus cattolico-liberale è comune. Mattarella aderisce, dopo la morte di Moro, alla Lega democratica di Pietro Scoppola, grande storico e intellettuale cattolico. La Lega democratica era stata fondata nel 1975, promossa da Pietro Scoppola, Ermanno Gorrieri, Achille Ardigò, come continuazione dei cattolici per il NO, che avevano preso sulla vicenda del referendum sul divorzio una posizione contraria a quella della Chiesa italiana. Ben presto il gruppo si era allargato ad altri, tra cui Nino Andreatta, i tre fratelli Prodi, Piero Bassetti, Pierre Carniti, Roberto Ruffilli e i giovanissimi Tonini e Ceccanti… E’ in quella cerchia intellettuale che si è formato Mattarella. Il Convegno del 1979 di Arezzo dedicato da Scoppola a “La terza fase e le istituzioni” delineava un terza fase politica, dopo la centralità DC e dopo il fallimento del compromesso storico, nella quale si costruissero le istituzioni dell’alternanza/alternativa, con un governo “forte”, istituzioni rilegittimate, partiti meno “spessi”. Quella cultura politica teneva insieme un neo-degasperismo liberale e un’attenzione alle nuove dinamiche sociali. Era l’eredità del miglior Aldo Moro, non più doroteo, ma, appunto, “moroteo”.  Dietro continuava a stare imponente la figura di Don Sturzo. Dopo il 1989, quella cultura, minoritaria nella DC e ignorata dal PCI, si è affermata come l’unico filone vitale della cultura politica italiana, mentre quello della sinistra si esauriva sterilmente. Come a dire che un liberalismo moderno, non statalista come quello di Benedetto Croce, in Italia si è potuto sviluppare solo nell’ambito del cattolicesimo liberale.