Ascensione: “Fu assunto”

Foto: Guariento d’Arpo (1310-1370 circa), Ascensione di Cristo, Venezia, Collezione Cini (particolare)

In quel tempo, [Gesù apparve agli Undici] e disse loro: «Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo a ogni creatura. Chi crederà e sarà battezzato sarà salvato, ma chi non crederà sarà condannato (Vedi Vangelo di Marco 16, 15-20. Per leggere i testi liturgico di domenica 17 maggio, solennità dell’Ascensione, clicca qui)

GESÙ “TORNA PRESSO DIO”

È la finale del Vangelo di Marco. L’evangelista narra, a modo suo, quello che anche Luca narra nella prima lettura, gli Atti degli Apostoli. Gesù dà le ultime istruzioni ai suoi, ordina loro di fare quello che lui stesso ha fatto (“proclamate il vangelo”). Poi il brano dice che “Il Signore Gesù, dopo aver parlato con loro, fu elevato in cielo e sedette alla destra di Dio”. Nel momento in cui Gesù torna presso Dio l’evangelista lo chiama con il nome più solenne “Signore”, il nome esclusivo di Dio. E dice che “fu elevato”: verbo al passivo, con il complemento di agente sottinteso: “da Dio”. È Dio che agisce infatti ed è presso di lui che Gesù torna. Altrove si dice che Gesù “ascese”, da dove deriva il nostro “Ascensione”. E aggiunge “sedette alla destra di Dio”. L’autore si ricorda del salmo 110: “Il Signore ha detto al mio Signore: siedi alla mia destra”.  E vuole dirci, dunque, che la Pasqua si realizza compiutamente: Gesù sta presso il Padre, ha la sua stessa dignità, esercita il suo potere di grazia, di pace, di salvezza per tutti attraverso gli aspostoli che egli stesso invia e che, dice il testo, “partirono e predicarono dappertutto, mentre il Signore agiva insieme con loro e confermava la Parola con i segni che la accompagnavano”.

“NON È QUI”

Che strano spettacolo l’Ascensione. Gesù chiama a sé i discepoli per mandarli lontano, in tutto il mondo. Li manda mentre lui “se ne va”. Ritorna l’immagine straordinariamente bella del Signore – o del padrone della vigna, o dell’imprenditore agricolo, o del ricco possidente… – che “lascia libera la scena”. Dio agisce per interposta Chiesa. Dio, in un certo senso, non c’è più, non si vede più, non è più “qui”. Il discepolo, di conseguenza, è chiamato a una forma matura di relazione con Lui: sapere vederlo senza vederlo, ascoltarlo senza sentirlo, stare con lui che non c’è. Ma, in fondo, bisogna ricordarlo ancora, è questa la forma più matura e raffinata dell’amore. È l’unica che permette di amare veramente sempre.

Siamo chiamati ad essere gli innamorati che sanno amare anche lontano e che conservano, inguaribile, nel loro cuore la nostalgia di “lassù”, dove lui sta alla destra di Dio.