Trinità. Il Dio del cielo mi abita

Immagine: Trinità di Andrej Rublev (1422), Mosca, Galleria Tret’jakov

In quel tempo, gli undici discepoli andarono in Galilea, sul monte che Gesù aveva loro indicato.  Quando lo videro, si prostrarono. Essi però dubitarono (vedi Vangelo di Matteo 28, 16-20. Per leggere i testi liturgici di domenica 31 maggio, solennità della santissima Trinità, clicca qui).

IL “SIGNORE” RISORTO

È la finale del vangelo di Matteo. Racconta una delle apparizioni di Gesù risorto ai suoi. Quando Gesù appare ai discepoli dopo la risurrezione, talvolta mangia con loro, si fa toccare, parla familiarmente, più preoccupato da far sperimentare ai suoi amici la continuità con prima. È come se volesse dire: provate, verificate: sono proprio io. Talvolta invece la apparizioni vogliono sottolineare la novità che ha fatto irruzione nella vita del Risorto: la vita di Dio si è impadronita di lui, Gesù risorto non muore più. È lo tesso Gesù, ma è risorto a una vita totalmente nuova. In questa finale di Matteo ci propone in maniera evidente il secondo tipo apparizione pasquale: il Risorto, diventato Signore della storia umana, manda i suoi dall’alto della sua autorità divina. Tutto avviene in Galilea. È un territorio aperto ai pagani, luogo di passaggio verso il mondo. Qualcosa di simile era avvenuto all’inizio, con l’annuncio del Regno. Gesù aveva annunciato il Regno proprio lì, nella “Galilea delle genti”. Dunque, in questa regione di passaggio Gesù conduce i suoi sul monte. Il monte: luogo dell’incontro con Dio, come per Mosè, sul Sinai o come per.    i discepoli sul monte Tabor. Come Mosè di fronte a Dio, così i discepoli di fronte a Gesù assumono spontaneamente l’atteggiamento dell’adorazione riservata a Dio: si prostrano. Ma non si limitano ad adorare: di fronte alla stupefacente grandezza del Risorto, i discepoli dubitano, come era stato per i due di Emmaus. Eppure così come sono, con i loro dubbi e con le loro incertezze, gli apostoli ricevono una missione. Gesù si avvicina a loro. Avviene sempre così tutte le volte che la grandezza della divinità rischia di sovrastare la possibilità di presa degli uomini: Gesù si fa vicino. Come quando i discepoli sono spaventati nel vederlo camminare sulle acque: non temete, sono io, dice il Signore.

Gesù si avvicina, dunque e si rivolge ai suoi. Il discorso di Gesù è come racchiuso in due grandi affermazioni: “Mi è stato dato ogni potere… sono con voi”. Tra l’uno è l’altro c’è l’invio in missione. Come a dire che il potere del Risorto è diventato vicinanza perché gli uomini godano, grazie all’annuncio apostolico, della stessa vicinanza con Dio. Dunque i discepoli devono “andare”, fiduciosi nell’assistenza del Signore e devono rendere contagiosa la salvezza, comunicandola a tutti, senza nessuna esclusione, e non solo alle pecore perdute della casa di Israele.

L’annuncio deve avvenire nel nome delle tre Persone: tutta la storia della salvezza parte da loro e avviene grazie a loro. Mentre i discepoli annunceranno e celebreranno la bella notizia, Gesù, resterà il rivelatore dell’Emanuele, il “Dio con noi”. E starà sempre con i suoi.

UNA STORIA D’AMORE

Due affermazioni a prima vista contrastanti dominano le letture di oggi: Dio è l’Altro (prima lettura); Dio è il vicinissimo (seconda lettura): il Dio del cielo e della terra è in me. Mi ha fatto Figlio, grazie allo Spirito che mi è stato dato, posso chiamarlo addirittura “Abbà”, Padre. Tutto questo è avvenuto grazie a Gesù. L’evento cristiano, infatti, parte da Lui e torna a Lui (Vangelo). Così, pieno di Spirito, sono una cosa sola con il Figlio e, quindi, figlio del Padre, mio abbà del cielo.

Si potrebbe dire la stessa cosa affermando che la Trinità è raccontabile soprattutto in termini di amore. Amore “all’interno”: ognuno dei tre è perfettamente se stesso mentre ama totalmente l’altro. Proprio perché amore perfettamente riuscito in sé il Dio Trinità si riversa all’esterno e si dona all’uomo. Quello che Dio è per sé diventa il punto di partenza per capire quello che è per noi. La Trinità è, davvero, l’esplosione di un Amore misterioso perché infinitamente superiore a tutte le nostre capacità di capire.