“Mio padre non credeva… Ma ci faccia lo stesso una bella messa”. Non siamo i padroni della grazia. Meglio peccare per troppa generosità

“Mio padre, probabilmente, non credeva”, mi dice la signora. “Ma allora non facciamo la messa, propongo, per rispetto verso papà”. La signora ci pensa un momento, poi, decisa: “No, ci faccia la messa, per favore”. E io, preso dall’esigenza del rispetto del lutto, devo “fare la messa”: fare cioè qualcosa di cui sono io il primo a non essere convinto. Non so quanto dureranno ancora queste situazioni, ma persistono, con una certa ostinatezza. Cosa ne dici, cara suor Chiara? don C.

Situazioni simili a quella che ci ha descritta non sono infrequenti nelle nostre comunità; esse, tuttavia, sono più complesse di quanto pensiamo! In casi analoghi, la logica della coerenza unita a un “briciolo” di buon senso suggerirebbe scelte controcorrente, come quella che lei ha proposto, in realtà questa non è sempre possibile, e non solo per mancanza di coraggio o per superficialità sia da parte del fedele che del pastore, ma per l’intrecciarsi di molti fattori dei quali, molte volte, non si ha neppure coscienza.

LA FEDE, RISPOSTA A UN AMORE NON DOVUTO

È facile per tutti, infatti, dimenticare che la fede, oltre che ad essere un dono, è una scelta personalissima e non una consuetudine sociale, che i sacramenti non sono né obbligatori, né abitudinari, che in un contesto di fede semplice, ma matura, essi sono la sua espressione massima, mentre in un ambito di incredulità, di non adesione o di trascuratezza si rivelano, invece, riti vuoti.
Quanti eventi celebrativi nelle nostre comunità sono vissuti con poca o scarsa consapevolezza, nonostante l’impegno encomiabile dei sacerdoti! Quanti tentativi di seminagione, andati a vuoto o con scarsissimo raccolto! Che fatica far conoscere la bellezza e la grandezza della fede in Cristo alle persone affidate! Quanto è difficile evangelizzare e far sperimentare a ciascuno che l’Amore è sempre regalato e che nessuno, nemmeno i fedelissimi della parrocchia, possono dire di meritarselo!
Gli interrogativi, i dubbi, il dispiacere, l’amarezza sono realmente comprensibili, caro fratello.

NON SIA AVARO NEL DARE CIÒ CHE NON LE APPARTIENE

Che fare? Continuare ad amministrare i sacramenti, come fossero “caramelle consolatorie”, oppure provare ad essere un poco più esigenti nel richiamare la serietà di ogni evento rituale? Tentare tutte le strategie pastorali possibili ed immaginabili che aiutino i fedeli a sperimentare nella propria carne la grandezza e la bellezza dell’incontro con il Signore, oppure accontentarsi dei cammini e delle modalità tradizionali, con un poco di freddezza e di distacco e… “si salvi chi può”?
Queste domande non trovano risposte facili e a portata di mano; tuttavia mi pare di poter dire che è meglio peccare di eccedenza che di rigidità! Pur condividendo pienamente la sua difficoltà e il suo disagio, molto comprensibili e giustificati, oserei incoraggiarla ad essere “generoso” nel donare a piene mani ciò che non le appartiene: faccia tutta la sua parte nell’educare i suoi fedeli a vivere e a celebrare in modo coerente e responsabile la propria fede, lavorando perché essi crescano nella consapevolezza di aver ricevuto un dono infinito, man non sia avaro nell’amministrare e donare senza misura la grazia di Dio.

DIO FA I SUOI MIRACOLI ANCHE NELLE PERIFERIE

Non è dato a nessuno di conoscere e di sapere con certezza cosa pulsa nel cuore dei fratelli che le sono affidati nella fede e nemmeno di coloro che si professano non credenti! Sappiamo solo, con certezza, che Dio può compiere cose grandi anche nella vita di coloro che vivono al margine o nelle periferie della fede o della chiesa! Continui perciò a gettare con abbondanza il seme della Parola su tutti i terreni, anche dei più incolti e dei più esposti, sull’esempio del Divino Seminatore che non teme di sprecare i suoi semi spargendoli anche sulla strada o in mezzo ai rovi, rischiando così che le intemperie giochino a suo sfavore.
È importante ricordare che l’uomo contemporaneo ha un profondo desiderio di conoscere la gratuità dell’Amore di Dio ed è affamato di sapersi amato così com’è, con tutte le sue contraddizioni, gli sbagli e i drammi vissuti nella sua esistenza, che lo conducono spesso ad esprimere giudizi troppo severi su se stesso e sulla propria storia! Ma nella sua modalità di guardare la realtà si nasconde, forse, un bisogno grande e mai coscientizzato di sentirsi “a casa”….Nel suo cuore, spesso, deluso è nascosto e custodito un estremo bisogno di avvertire su di sé la benevolenza di Dio e dei fratelli, e di essere riconosciuto in quella dignità e in quella preziosità che egli non riesce più a cogliere.
E allora come poter rifiutare la possibilità di percepire nella propria carne lo sguardo compassionevole del Padre che non ha paura di consegnare ai suoi figli i suoi tesori? Come avere il coraggio chiudere le porte della chiesa, quando l’occasione potrebbe essere l’unica possibilità di incontrare il Signore e di scoprire quanto ciascuno è prezioso ai suoi occhi?