Il viaggio di Papa Francesco, sulle orme del Vangelo e del Poverello di Assisi

Immagine: Giotto, san Francesco dona il mantello all’uomo povero, Assisi, Basilica superiore

Papa Francesco è in America Latina. Nella vostra spiritualità di claustrali e di tradizione francescana, che cosa significa questa apertura della Chiesa – e di Papa Francesco in maniera particolare – al Sud del Mondo? Grazie. Lauretta

Una delle realtà più belle e preziose che costituiscono l’identità della Chiesa è la sua cattolicità, cara Lauretta. Ogni domenica nel Credo, professiamo la Chiesa una, santa e cattolica, e affermiamo la sua dimensione universale. Essa è inviata in missione da Cristo alla totalità del genere umano per formare il popolo di Dio, adempiere al suo desiderio di radunare i figli di Dio, dispersi, per i quali Cristo ha donato il suo sangue. Ogni credente, in quanto battezzato, partecipa a questa missione facendo proprio il mandato di Gesù di andare in tutto il mondo ad annunciare ai poveri il messaggio di salvezza, riattualizzando nell’oggi il vangelo.

FRANCESCO E CHIARA

L’ardore missionario, che  arde nei cuori e si esprime, nelle diverse vocazioni, è segno della vitalità della Chiesa, di quella passione per Cristo che apre alla missione e non vuole trattenere per  sé un dono così grande. È ciò che ha caratterizzato la vita di san Francesco, di santa Chiara e dei santi che nel tempo hanno seguito la loro ispirazione evangelica perché ogni uomo potesse conoscere che non c’è nessuno Onnipotente eccetto il Cristo in tutto il mondo. Nell’esperienza e nella tradizione francescana la modalità dell’annuncio si caratterizza dentro una testimonianza di vita povera e fraterna. Si è chiamati come fratelli, figli dello stesso Padre a portare il vangelo, in uno stile di vita povero, di condivisione ed essenzialità, privo di ogni forma di potere o recriminazione, sullo stile di Gesù che si è fatto povero per arricchirci con la sua povertà. La fraternità, con la sua vita semplice, è chiamata a  testimoniare la bellezza di appartenere a Cristo e di annunziare la buona notizia della salvezza che per prima, ha accolto. Essa è chiamata a condividere la vita dei poveri, a lavorare per la loro promozione umana e cristiana scegliendo, in base ai luoghi e ai tempi , mezzi e strumenti efficaci per assolvere alla propria missione.

AMARE I POVERI ANCHE DENTRO LE MURA DI UN CONVENTO

Anche santa Chiara, nel silenzio del chiostro, invita le sorelle a farsi offerta con le loro esistenze, e nella preghiera, collaboratrici di Dio e sostegno delle membra deboli e vacillanti del suo corpo.  L’opzione per  i poveri che la  Chiesa ha fatto, è assunta, per vocazione, dalla  fraternità francescana: la povertà è una categoria teologica prima che culturale e sociologica, perché nel cuore di Dio c’è un posto preferenziale per i poveri. Essi sono i primi depositari della salvezza, sono coloro che non hanno nulla da difendere, né da attribuire a se stessi e per questo sono più recettivi alla grazia che viene loro donata. Dio, scegliendo i poveri come suoi prediletti, realizza quel “ribaltamento delle sorti” che il Magnificat ci fa pregare ogni giorno: “ha disperso i superbi nei pensieri dei loro cuori, ha rovesciato i potenti dai troni, ha innalzato gli umili, ha ricolmato di beni gli affamati, ha rimandato i ricchi a mani vuote”, e chiede ai credenti di far propria questa preferenza poiché essi sono i primi depositari della sua misericordia.

PAPA FRANCESCO E IL VIAGGIO VERSO I POVERI

Ciò che Papa Francesco sta facendo con la sua apertura  della Chiesa ai poveri, con la scelta del suo viaggio nei paesi più ai margini dell’America latina , non deve essere visto come scelta ideologica o  populista, ma come una forma speciale di primizia nell’esercizio della carità cristiana. Papa Francesco desidera una Chiesa povera per i poveri poiché essi hanno molto da insegnare e con le loro sofferenze conoscono il Cristo sofferente. Lasciarsi evangelizzare da loro vuol dire riconoscere la forza salvifica delle loro esistenze e poste al centro del cammino della Chiesa,significa offrire loro una vicinanza reale che li accompagni in un cammino autentico di liberazione ponendo gesti concreti di promozione e di sviluppo privi di qualsiasi strumentalizzazione  o utilizzo per interessi personali o di partito. Il nostro tempo è saturo di parole e di promesse che la società della comunicazione ci propone quotidianamente: è il momento di porre segni eloquenti, facilmente leggibili e comprensibili che donino speranza soprattutto ai più poveri. E Papa Francesco con la sua testimonianza e la coerenza delle scelte è un testimone credibile che ci indica la via, ci ricorda l’essenza della nostra vocazione ecclesiale.

UNA CHIESA SEMPRE “IN USCITA”

La Chiesa, le comunità religiose, i laici sono sempre in “uscita” perché il vangelo, quando è accolto realmente ed esistenzialmente, snida da ogni chiusura o ghetto nel quale rinchiudersi per cercare sicurezza e quiete. In questo tempo, nel quale la paura del diverso ci fa sognare luoghi sicuri e muri che ci custodiscano, il Papa ci sprona a riappropriarci della nostra vocazione all’ universalità propria del vangelo poiché il  Padre desidera che tutti gli uomini si salvino. Lo stile di Dio è quello del compromettersi, della dedizione, di colui che sceglie il piccolo e il povero e per ciascuno dona la vita. Lui per primo è il “minore”, il povero che si è spogliato delle sue prerogative divine per assumere totalmente la condizione di uomo. È lo stile che dobbiamo imparare ad assumere tutti, per guardare la storia con gli occhi di Dio,  dalla parte del Regno di Dio che è già in mezzo a noi e che ci vuole collaboratori nella sua opera di salvezza, fino ai confini del mondo.