Che cosa è servizio. Il mio amico non prega. Ma sa guardare con il cuore alla gente

Foto: “Il mio amico allena i bambini e fa tanto bene. Ma non va in chiesa…”

Ho un amico di una straordinaria generosità. Allena i ragazzi del CSI in oratorio, quando c’è qualcosa da fare non manca mai, assiste il vecchio papà malato… Ma non va mai a messa, non prega, non partecipa alle altre attività comunitarie… È uno dei tanti che stanno sulla soglia. Tu che sei nel cuore della Chiesa che cosa puoi dire di una persona così? Pietro

È difficile rispondere alla sua domanda, caro Pietro! Cercherò, tuttavia, di evidenziare, “in punta di piedi e quasi sottovoce”, alcuni aspetti che mi sembrano importanti.

COSTRUIRE UN MONDO MIGLIORE APPAGA IL CUORE

Innanzitutto credo che questo fratello abbia scoperto e sperimentato che impegnarsi nell’aiutare chi è nel bisogno, dandosi da fare nel proprio ambiente quotidiano per costruire un mondo più bello e vivibile, rende contenti e appaga il cuore; probabilmente inconsciamente, egli si è reso conto che, veramente, c’è più gioia nel dare che nel ricevere e ha imparato ad aprirsi ai fratelli e alla vita, “guardando” con il cuore coloro che gli vivono accanto.
Possiamo dire, senza timore di esagerare, che anche nella vita di questa persona, ferma sulla soglia della comunità cristiana, il Signore agisce realmente, rendendolo suo collaboratore nel compiere il bene e compierlo … bene! Scrive bene Arturo Paoli: “Ciò che è legato allo sviluppo dell’uomo, alla sua armonia e alla sua pienezza è la Carità, è l’Amore verso gli altri. Ma per realizzare questi valori fondamentali insiti nell’uomo, non è esplicitamente necessario che uno creda. Essi sono un dono di Dio per tutti gli uomini, a prescindere della professione di fede di ciascuno”.

“HO AVUTO FAME E MI AVETE DATO DA MANGIARE”

Gesù nel vangelo, descrivendo il giudizio universale, certamente si riferisce anche a lui quando dice: “…Io ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere; ero forestiero e mi avete ospitato, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, carcerato e siete venuti a trovarmi. (…) Signore, quando mai ti abbiamo veduto affamato e ti abbiamo dato da mangiare, assetato e ti abbiamo dato da bere? Quando ti abbiamo visto forestiero e ti abbiamo ospitato, o nudo e ti abbiamo vestito? E quando ti abbiamo visto ammalato o in carcere e siamo venuti a visitarti? Rispondendo, il re dirà loro: In verità vi dico: ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me” (Mt 25,33-40).
Come i giusti citati da Gesù nella parabola evangelica, forse anche questo nostro amico non è consapevole di rendere direttamente un servizio a Cristo quando le sue mani si chinano nell’alleviare le sofferenze del papà malato o quando regala tempo e competenza ai ragazzi del CSI, ma la Parola del Signore è chiara: “L’avete fatto a me!”. Non importa se lui è cosciente o meno, ma che è il Signore ad esserne pienamente consapevole.

OGNI GESTO DI SERVIZIO È “TEOLOGALE”

Sono certa che, come ogni gesto di gratuità o di servizio compiuto da coloro che si riconoscono parte della comunità cristiana e celebrano l’eucarestia è “teologale”, così anche quello svolto da coloro che, per diversi motivi, scelgono liberamente di non fare parte della Chiesa, è rivelatore del volto e del cuore di Dio che, creando, ha lascito nel cuore umano la propria impronta, come un un’artista la propria firma. Anche il bene compiuto da costoro è santificato dallo stesso Signore, sacramentalmente presente nei fratelli serviti con semplicità e dedizione.
Sono tante le persone che, pur ritenendosi non credenti, si rimboccano le maniche, spinti da un viscerale e appassionato amore per l’uomo: non sappiamo quanto essi siano consci della valenza teologica di ogni loro gesto, sappiamo però, per certo, che anche ad essi il Signore dirà: “Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla creazione del mondo” (Mt 25,34).