Vangelo e passione politica. In margine a una visita a Gerusalemme

Siamo a Gerusalemme, con un gruppo di amici, per un pellegrinaggio. Si parla anche qui delle cose che ci siamo lasciati alle spalle a casa. Se ne parla poco, però. Le cose belle che si vedono e i testi biblici che si leggono visitando i luoghi sacri, ci affascinano e ci attraggono. E più ci attraggono queste cose, più dimentichiamo quelle. Ma se ne parla, di tanto in tanto.

SCENDENDO DAL MONTE DEGLI ULIVI

Mercoledì è l’ultimo giorno. Si scende dal monte degli Ulivi, si fa la stessa strada che Gesù fa il giorno delle Palme, con l’entrata solenne nella città santa. Si passa accanto alla cappella del “Dominus flevit”, che ricorda il pianto di Gesù. Il racconto del Vangelo di Luca dice che, mentre Gesù scende dal Monte degli Ulivi e vede di fronte a sé, impressionante, la massa di Gerusalemme e la mole enorme del Tempio che la domina, scoppia in pianto. “Quando fu vicino, alla vista della città pianse su di essa dicendo: ‘Se avessi compreso anche tu, in questo giorno, quello che porta alla pace! Ma ora è stato nascosto ai tuoi occhi. Per te verranno giorni in cui i tuoi nemici ti circonderanno di trincee, ti assedieranno e ti stringeranno da ogni parte; distruggeranno te e i tuoi figli dentro di te e non lasceranno in te pietra su pietra, perché non hai riconosciuto il tempo in cui sei stata visitata’”.

GESUPIANGE

Qualcuno del gruppo fa notare che nel vangelo Gesù piange due volte. Una volta davanti alla tomba dell’amico Lazzaro e la seconda volta alla vista di Gerusalemme e al pensiero del suo destino amarissimo. Il primo è il pianto dettato dagli affetti, il secondo da quella che potrebbe essere chiamata la passione per la città, da una passione, in qualche modo, “politica”.
E qualcuno di noi si azzarda a prolungare il commento. Se Gesù piange sulla città è perché ne è appassionato. Vede la città disgregarsi, i legami che la tengono insieme allentarsi, gli eccessi politici traboccare da tutte le parti: non molti anni dopo tutto questo porterà la città alla rovina. I Romani la occuperanno e la distruggeranno. Il pianto di Gesù è dettato da quella passione. Gli dispiace che la città – quella città – finisca così.

LA POLITICA OGGI. GRIDARE NON BASTA

Come è strano, si commenta da parte di qualcuno, che oggi tanti discepoli di quello stesso Gesù non sappiano più appassionarsi della “città” e l’unica passione sia quella che spinge alla denigrazione e al semplice, pregiudiziale rifiuto.
Bisognerebbe saper tornare a lasciarsi rincrescere per una politica fatta male. Perché il pianto è una forma di compassione e insieme desiderio che le cose vadano meglio. Il pianto, in questo senso, può essere una paradossale premessa a una qualche forma di impegno. Chissà che si possa tornare a fare quello che ha fatto Gesù, mentre guardava i tronfi segni del potere della città. E dopo aver pianto come lui si dia seguito a una qualche forma di impegno, appassionato almeno come il pianto.