L’augurio di Chiara per l’assemblea diocesana: rinnovare lo spreco dell’amore intelligente

Foto: il vescovo di Bergamo, mons. Francesco Beschi

Arrivano l’assemblea del clero e poi l’assemblea diocesana. Sull’assemblea diocesana, sul tema “donne e uomini capaci di carità”, forse anche tu hai la tua da dire. Mi piacerebbe sapere che cosa ne pensi. Mi interessa anche perché io ci sarò: sono membro del Consiglio Pastorale della mia parrocchia. Grazie. Luciano

Caro Luciano, la domanda che poni è molto impegnativa e merita una seria riflessione. Condivido alcune semplici suggestioni nella consapevolezza di non poter dare risposte approfondite. Auspico che l’assemblea diocesana alla quale partecipi, possa essere un’esperienza di dialogo e confronto arricchente per tutti, con delle ricadute positive per il cammino delle nostre comunità parrocchiali.

L’AMORE È IL NOME DEL NOSTRO DIO

Il tema dell’assemblea è molto bello! Sì, siamo donne e uomini capaci di carità, resi capaci, in virtù del nostro Battesimo, di vivere questo aspetto peculiare della vita cristiana. La carità è dono dall’alto che dona pienezza alla nostra condizione umana, ci umanizza e fa crescere la nostra vocazione all’umanità. La carità è il nome del nostro Dio: Dio è amore, è carità. Si esprime nel comandamento dell’amore e si manifesta nella concretezza di tutta l’esperienza dell’uomo. La sua trascendenza si rende visibile nella sua creatività antropologica, dentro la novità di gesti che parlano di perdono, dialogo, accoglienza, comunione, servizio, speranza… Il Vangelo ci presenta la carità di Dio, manifestata in Cristo, che spinge i credenti all’amore verso tutti e diventa forma visibile e concreta nella vita delle comunità cristiane. Siamo donne e uomini capaci di carità perché immersi quotidianamente nel Vangelo e plasmati dall’Eucarestia, spinti a fare della nostra vita un dono d’amore.

“GUARDA COME SI VOGLIONO BENE!”

Tutte la comunità cristiane, e non solo i singoli, sono  coinvolte in questo dinamismo. Prima di pensare alle forme concrete che essa può assumere,   la testimonianza che possono offrire è quella dell’amore fraterno. Occorre che nelle nostre parrocchie si vivano relazioni personali semplici, sincere, capaci di edificazione vicendevole, di cura reciproca e attenzione alle necessità e povertà dei vicini come dei lontani. Relazioni fraterne che spezzino le catene dell’indifferenza, del giudizio e della critica e costruiscano comunione. Che bello se guardando la vita delle parrocchie si potesse dire: “Guarda come si vogliono bene”! Purtroppo sono ancora  visibili piccole o grandi forme di ricerca di prestigio e potere, pettegolezzi, gruppi che ledono l’unità a favore delle proprie visioni soggettive o delle proprie sensibilità spirituali o pastorali. La carità trova un campo privilegiato nell’espressione dei carismi, dei ministeri, nella diversità di vocazioni che siano di aiuto e servizio vicendevole nell’edificazione dell’unico corpo che è la chiesa.

LA TRISTEZZA DELLE COMUNITÀ CHIUSE

Troppe comunità rischiano di vivere chiuse in se stesse, magari appagate da rapporti gratificanti che si instaurano entro un numero ristretto di persone. La carità spinge ad “uscire”, a cercare l’uomo dove vive, ama, soffre e spera, dove  combatte la battaglia del duro quotidiano fatto di precarietà, di povertà. Il cristiano è sempre in uscita, mai chiuso nel suo piccolo mondo protetto, fosse anche una chiesa! Il servizio della carità é come delegato a un’élite ristretto di volontari,(encomiabili per la dedizione e l’impegno) senza che ci sa una costante partecipazione di tutta la comunità sia sul piano della sensibilità, sia a livello delle iniziative concrete, quasi ad essere un corpo estraneo in una massa disattenta ai problemi dei fratelli e delle città nelle quali si vive e si opera. La carità si mette, mediante le opere e i gesti, nella vita quotidiana degli altri, accorcia le distanze, si abbassa fino all’umiliazione se è necessario, e assume la vita umana, toccando la carne sofferente di Cristo nei poveri del nostro tempo. In questo movimento di continua incarnazione e immersione nell’umano, si attinge la sapienza e il discernimento per le azioni pastorali, le forme concrete e storiche che chiedono attenzione, partecipazione, accoglienza, interventi immediati o progetti a lungo termine. Le sofferenze di questo nostro tempo storico interpellano e provocano le comunità cristiane a porre gesti concreti di vicinanza e prossimità agli immigrati, alle nuove o antiche povertà. Davvero i poveri sono sempre con noi, e chiedono lo spreco del nostro amore intelligente che continui i “miracoli” del Signore e diffonda il profumo della sua misericordia in mezzo al suo popolo. Buon lavoro a te e ai membri dell’assemblea diocesana: raccontate la bellezza dell’essere donne e uomini capaci di carità