Alex Langer, viaggiatore leggero, saltatore di muri

Foto: Alex Langer (1946-1995)

“Alex Langer è stato un eccezionale apostolo di verità e di giustizia, di libertà e di amore. L’ho conosciuto, l’ho apprezzato e talora mi pare ancora di sentire la sua voce al telefono, che mi invita ad andare con lui ed altri seminatori di pace a Sarajevo, in momenti ardui, difficili e contrastanti. Sì, Alex è stato un uomo vissuto nel servizio: agli altri e in piedi”, sono commosse le parole che il cardinal Capovilla usa nell’introdurre un libro da poco pubblicato (Marco Boato, Alex Langer. Costruttori di ponti, Editrice La Scuola) e che viene presentato giovedì 22 ottobre alle 17.30 al Centro La Porta, per fare memoria, a vent’anni dalla morte, di Alex Langer.

UN GRANDE ANTICIPATORE

Un uomo sempre un passo in avanti, che tracciava la rotta prima di tutti, la cui memoria, con il passare del tempo, cresce anziché diminuire, perché la lucidità di molte sue analisi rimane di straordinaria attualità e valore. Un uomo senza frontiere, nato in terra di frontiera, a Sterzing/Vipiteno, in Trentino Alto Adige/Sud Tirolo. Cresciuto in un luogo di diversità linguistica e di forte contrapposizione etnica, aveva capito presto il pericolo del particolarismo che inocula negli uomini – anche a quelli che pensano di esserne immuni – il germe del settarismo. Cattolico autodidatta, come gli piaceva definirsi, aveva studiato con La Pira, conosciuto padre Balducci e don Lorenzo Milani di cui aveva tradotto in tedesco la “Lettera ad una professoressa”.

SENZA PATRIA E CON MOLTE PATRIE

Un uomo che per tutta la vita ha costruito ponti, attraversato confini, unito popoli: viaggiatore leggero (titolo di un magnifico testo che raccoglie alcuni suoi interventi, pubblicato alcuni anni fa da Sellerio), saltatore di muri, a cavallo tra mondi e culture. Un uomo che era difficile rinchiudere in una etichetta: era troppo poco dire che era un militante, un politico, un pacifista, un ecologista. Ogni volta la sua acuta intelligenza lo poneva oltre l’immagine che di lui potevi farti. Un uomo senza patria e con molte patrie, intellettuale che parlava cinque lingue e aveva cinque vite, il politico di una politica che non esiste e che ci piacerebbe: rendeva pubbliche le entrate e le uscite di denaro quando tangentopoli era ancora molto al di la da venire. Un uomo che poco tempo prima di morire, impiccato ad un albero di albicocco, scrive tra i suoi appunti domande che rivolge a se stesso di questo tono:
“Cambiare il mondo o salvaguardarlo?… Solidarietà come autocompiacimento?… Negare se stessi – credibile o pericoloso (disumano, burocratico, ipocrita)?… Vivresti effettivamente come sostieni si dovrebbe vivere?… Passeresti il tuo tempo con coloro ai quali rivolgi la tua solidarietà?”.

“PIÙ LENTO, PIÙ PROFONDO, PIÙ DOLCE…”

Un uomo che in anticipo rispetto alla boria del tempo amava citare un motto: lentius, profundius, suavius ovvero più lento, più profondo, più dolce, in contrapposizione con l’olimpico Citius! Altius! Fortius! cioè Più veloce! Più in alto! Più forte!
Un uomo che sentiva l’incombenza improcrastinabile di “riparare il mondo“. Non si trattava più di costruirlo ma di ripararlo dai disastri che il pensiero dogmatico della crescita senza limiti aveva provocato. Insomma, un uomo, un maestro per tanti.
“Se avessi di fronte a me un uditorio di ragazze e ragazzi”, disse Adriano Sofri al Parlamento Europeo pochi giorni dopo la morte di Langer, avvenuta il 3 luglio 1995, “non esiterei a mostrar loro com’è stata bella, com’è stata invidiabilmente ricca di viaggi e di incontri e di conoscenze e imprese, di lingue parlate e ascoltate, di amore, la vita di Alexander. Che stampino pure il suo viso serio e gentile sulle loro magliette. Che vadano incontro agli altri col suo passo leggero, e voglia il cielo che non perdano la speranza”. Per questo ho sempre trovato bellissime le parole che l’allora arcivescovo Loris Capovilla scrisse, alla notizia della morte, alla moglie Valeria Malcontenti Langer: “Per chi lo ha amato, questa è l’ora del silenzio. Per chi dissentiva dalle sue scelte, è l’ora del discernimento. Per chi crede possibile muoversi verso una convivenza più umana, è l’ora della gratitudine. Alex ha studiato, operato, servito proprio per questo. Mi inchino dinanzi a lui. Chiedo a Dio di accoglierlo nella sua Casa e di collocarlo, a nostro conforto, come una stella nel firmamento. Alex appartiene alla schiera degli eletti che non muoiono. Sono certo di re-incontrarlo.”