Il grido del cieco e la fede “guastafeste”

In quel tempo, mentre Gesù partiva da Gèrico insieme ai suoi discepoli e a molta folla, il figlio di Timèo, Bartimèo, che era cieco, sedeva lungo la strada a mendicare. Sentendo che era Gesù Nazareno, cominciò a gridare e a dire: «Figlio di Davide, Gesù, abbi pietà di me!» (vedi Vangelo di Marco 10, 46-52. Per leggere i testi di domenica 25 ottobre, trentesima del Tempo Ordinario, clicca qui)

Siamo nella cittadina che si trova nella depressione del Mar Morto, Gerico. Gesù è ormai vicino alla meta del suo viaggio verso Gerusalemme e si imbatte in questo cieco, Bartimeo. Da come Marco ne parla, probabilmente si trattava di un personaggio noto nella comunità cristiana primitiva.

LA SOLITUDINE E IL GRIDO 

Il cieco, quando sente passare Gesù “grida”. È lo stesso termine usato per indicare il grido di Gesù contro i demoni o per descrivere lo spavento dei discepoli che vedono Gesù camminare sulle acque e “gridano” dalla paura. Qui non è spavento; ma si tratta certamente di un grido forte. Il cieco grida dal fondo della sua malattia e dalla sua solitudine: è troppo solo, infatti, e quindi deve gridare moltissimo per farsi sentire. E non grida qualche cosa di indistinto, ma proclama la sua totale fiducia: chiama Gesù, infatti, con un termine che indica la sua fede in lui come Messia. “Figlio di Davide, Gesù, abbi pietà di me”.

Impressionante la scena del cieco che balza in piedi. Il gesto di Gesù è di una straordinaria semplicità. Non è, chiaramente, ciò che interessa di più. Il vero scopo di tutto il racconto è l’ultima frase: lo seguiva lungo la strada: è la sequela. Quel povero ha scoperto Gesù e ora diventa suo discepolo. Non diventa discepolo per avere la guarigione, ma viceversa: la guarigione lo fa diventare discepolo.

Il grande cambiamento del cieco: seduto, imbacuccato nel suo mantello, marginale (sedeva lungo la strada), prima; balza in piedi, butta via il mantello, segue Gesù (lo seguiva lungo la strada), dopo. Davvero, nella vita del cieco, tutto cambia. Ma tutto cambia perché incontra quel passante, il “Figlio di Davide”.

Il cieco deve buttarsi in avanti: nella sua vita davvero qualche cosa deve assolutamente cambiare. Gesù, infatti, sta camminando e se il cieco non si butta e non grida, Gesù se ne va senza incontrarlo.

LE COMPLICAZIONI DELLA FEDE 

Qualche volta pensiamo che se non fossimo credenti avremmo meno complicazioni: potremmo rubare in pace, potremmo insultare senza rimorsi, potremmo fare quello che vogliamo. La fede dice dei “sì” e dei “no”. Si potrebbe dire che, in qualche modo, la fede è guastafeste. Ma è guastafeste la fede perché lo è lo stesso Gesù nel quale la nostra fede è collocata. È vero che la nostra fede ci dà pace. Ma non è la pace di chi non si pone più domande. È la pace degli uomini che amano. Si è in pace, certo, perché la nostra vita ha trovato un senso. Ma, più si ama e più si è inquieti perché si pensa sempre che non si ama mai a sufficienza.

Mentre ci avviciniamo a Gesù, gli altri sono o ostacolo o mezzo per raggiungere Gesù. Prima sono ostacolo, poi, quando Gesù chiama, diventano tramite della chiamata. Così la Chiesa: spesso ostacolo, con i suoi scandali e i suoi peccati, ma, nonostante tutto, mezzo perché la Parola arrivi a chi “siede lungo la strada”.