L’Islam dalle nostre parti fa ancora paura. Certo, sono lontani i tempi in cui gli attentati dell’11 settembre 2001 e le successive guerre in Afghanistan e Iraq facevano gridare allo “scontro di civiltà” tra il mondo cristiano e quello islamico. Però la diffidenza nei confronti di un mondo e di una cultura antica di quattordici secoli ma che si conosce poco e i cui riverberi mediatici sono all’insegna della violenza e dell’intolleranza, è ancora tanta. Eppure, non c’è altra strada al dialogo. Il futuro immediato delle nostre comunità – sempre più e irreversibilmente plurali – si giocherà sulla capacità o meno di costruire ponti. Un dialogo che non può essere ridotto, da una parte come dall’altra, ad una generica “non belligeranza” o una vaga disponibilità ad accettare la realtà dell’esistenza dell’altro, senza però promuovere un confronto positivo e più profondo. Un dialogo che non si fa con i sistemi, che non ha l’obiettivo di giungere all’unità tra le due fedi né quella di concludere che esse sono, in fondo, uguali, ma che si fa tra le persone concrete, nel luogo e nelle situazioni in cui vivono quotidianamente. Un dialogo – che si nutre di buone pratiche che consentono di cambiare le cose dal basso – che ha l’obiettivo di permettere a ciascuno di vivere al meglio e più in profondità la propria esperienza religiosa e, insieme, individuare una sorta di lessico condiviso sulle questioni di fondo.
LA GIORNATA DEL DIALOGO
Nei giorni scorsi si è svolta la quattordicesima giornata del dialogo cristiano-islamico, voluta all’indomani dell’11 settembre 2001 e perseguita tenacemente da molte realtà di base. “Cristiani e musulmani: dall’accoglienza alla convivenza pacifica” è il tema scelto quest’anno e su questo si sono svolti incontri, dibattiti, conferenze, momenti di preghiera e visite a luoghi di culto cristiani e a moschee sparsi su tutto il territorio italiano. “Cristiani e musulmani — recita l’appello redatto per l’occasione dai promotori — hanno profonde radici comuni. Già lo scorso anno ne abbiamo indicate due, quelle della misericordia e della compassione. Islam e cristianesimo sono religioni di pace. E per costruire un mondo di pace c’è bisogno che le due religioni mondiali maggioritarie sappiano riscoprire le comuni radici di pace in tutte le loro molteplici declinazioni. Quest’anno vogliamo indicare alle comunità cristiane quelle dell’accoglienza dello straniero, del rifugiato, dell’aiuto ai poveri, agli ultimi della società, per costruire la convivenza pacifica”.
CHI SI MACCHIA DI OMICIDI IN NOME DI DIO, ODIA QUALSIASI RELIGIONE
Il testo inizia ricordando il flusso dei profughi dai “paesi dove sono in corso guerre, aumentato esponenzialmente” con “naufragi a ripetizione, con centinaia e centinaia di morti di cui molti bambini. Il Mediterraneo, che da millenni è stato luogo di incontro fra le diverse civiltà che vi si affacciano, si è trasformato in un immane cimitero. Inoltre, dai tragici fatti di Parigi di inizio anno, con l’assalto al giornale satirico Charlie Hebdo, un’ondata di razzismo anti-islamico si è propagata in modo esponenziale in Europa, compresa l’Italia. Si susseguono le aggressioni a singoli, ai centri dove sono accolti i rifugiati, ai luoghi di culto islamici. Politici razzisti, a cui viene dato ampio spazio dai mass-media con la scusa della “libertà di opinione”, istigano intere popolazioni a schierarsi contro i migranti”. Di fronte a questi messaggi di odio si ricorda che “Cristianesimo ed islam, nella loro essenza, sono religioni di pace. La radice della parola ‘islam’ è pace; ‘beati gli operatori di pace perché saranno chiamati figli di Dio’ è la parte centrale di quel ‘manifesto cristiano’ che sono le beatitudini evangeliche. Queste sono le radici vere di cristianesimo ed islam, che nel corso dei secoli sono state strumentalizzate e stravolte a fini politici ed economici. Ribadiamo insieme, cristiani e musulmani, la netta e ferma condanna di qualsiasi forma di violenza e guerra fatta nel nome di Dio. La storia, che è maestra di vita, insegna che chi si macchia di omicidi in nome di Dio, odia qualsiasi religione, compresa quella dietro cui si nasconde”. I firmatari sono convinti che “il bene prevarrà sul male: ce lo dicono le decine e decine di iniziative di dialogo che, in seguito ai drammatici atti di violenza di Parigi, si sono sviluppate dal basso in tutte le regioni d’Italia. Comunità cristiane e musulmane si sono unite, concretamente, anche per dare assistenza sanitaria congiunta ai profughi a prescindere dalla religione di appartenenza”.