I poveri, i finti giornalisti e la Chiesa

Una nostra assidua lettrice, Silvana Messori, in risposta al nostro articolo sull’apertura del Sinodo, “Il Giubileo arriva a Bergamo. Processione e apertura della Porta Santa in Cattedrale”, ha citato un’iniziativa di un organo di informazione locale. Si è trattato di una inchiesta, in cui un giornalista, fingendosi rifugiato, ha chiesto ospitalità ad alcune parrocchie della città di Bergamo. Un altro nostro lettore scrive la lettera di risposta che pubblichiamo volentieri, in quanto coincide anche con la nostra convinzione molto negativa su queste pseudo inchieste che, oltretutto, contribuiscono a creare difficoltà soprattutto agli immigrati.

Cara Sig.a Messori, lei si augura che le parole del Vescovo all’apertura della Porta Santa in Duomo non sia seguita da “porte chiuse” ai poveri, ai migranti e ai rifugiati come invece è stato denunciato dal Sig. Giovanni Merla su Araberara del 4 dicembre scorso. Se lei fosse una lettrice di Avvenire, il 25 ottobre 2015 avrebbe trovato un articolo di Piergiorgio Liverani che segnalava un articolo pubblicato su L’Espresso di quella settimana che parlava di un’iniziativa simile a quella del Sig. Merla, pubblicata vistosamente su Araberara.

Due iniziative giornalistiche a dir poco una più miseranda dell’altra. (A dire il vero, quella di Araberara è la più miseranda perché si tratta di una scimmiottatura bella e buona). L’iniziativa dei due giornalisti e dei loro organi di stampa è penosa, perché sia il Merla che l’articolista dell’Espresso si fingono dei rifugiati in cerca di un alloggio per loro e per i loro familiari presso parrocchie e conventi, senza successo, perché trovano ovunque porte chiuse con l’aggiunta in qualche caso di atteggiamenti sgradevoli.

Piergiorgio Liverani commentando su Avvenire l’articolo dell’Espresso (e la risposta vale anche per Araberara), osserva che il rifiuto ricevuto dai due giornalisti fintisi rifugiati è dovuto a due ordini di ragioni:

1) preti e frati, abituati come sono a sentirsi suonare alla porta in cerca di aiuto, si son fatti un naso che sa distinguere abbastanza al volo i veri poveri dagli imbroglioni;

2) proprio per non limitarsi al fare l’elemosina, quando c’è bisogno di un aiuto più importante, più stabile e duraturo (tipo alloggio, vestiario, arredamento casa, vettovaglie, rette di scuola materna), preti e frati hanno moltiplicato nel territorio uffici come la Caritas e la S. Vincenzo per provvedere.

Da S. Bartolomeo, il Sig. Merla aveva poca strada da fare per arrivare in Via Gavazzeni dalla Caritas e da altre onlus affiliate, ma, se l’avesse fatto, non avrebbe potuto fare il suo articolo malizioso e Araberara non avrebbe avuto modo di fare il suo scoop di minestra riscaldata.

Sig.a Messori, me lo lasci dire: non si lasci infinocchiare da certo giornalismo di bassa lega.

Lettera firmata