Il mondo moderno e i suoi immensi problemi. La giustizia non basta, la misericordia diventata necessaria

Foto: il cardinal Walter Kasper, autore dello studio “Misericordia”, editrice Queriniana

MISERICORDIA E BUONISMO A BUON MERCATO

Si avvertono accuse di vari sopraccigliosi all’operazione Giubileo-Misericordia: kermesse mediatica, populismo papale, retorica del perdono, buonismo a buon mercato… Il tempo che viviamo è tempo di guerra, di conflitti, di nemici, di minacce. Che cosa c’entra la misericordia? L’interrogativo tocca, in primo luogo, i credenti, abituati al messaggio. Non dobbiamo forse essere implacabili e irreprensibili difensori della Legge, nel nome del Dio di giustizia, come San Paolo prima della rovinosa caduta da cavallo?

LE “OPERE DI MISERICORDIA”

Del Catechismo di Pio X, che si incominciava a ritenere a memoria dopo i sei anni, ricordo poco. Solo alcune risposte alle domande metafisiche sulla natura di Dio e l’elenco delle sette opere di misericordia corporale e spirituale. Ma di quelle corporali, nessuna pareva praticabile. L’inizio dell’età dei consumi non faceva più vedere né affamati, né assetati né ignudi, né pellegrini… “Seppellire i morti” lo aveva già imposto Napoleone, quando passò dalle nostre parti, alla fine del Settecento. Quanto a quelle spirituali, due si presentavano di non facile esecuzione: la quinta (perdonare le offese) e la sesta (sopportare pazientemente le persone moleste). Il catechismo aveva l’effetto di presentare come “legge”, sia pure solo morale e non civile, l’esercizio della misericordia. La quale si manifesta in quelle opere, ma non vi si riduce. Per comprenderne il significato profondo non basta neppure la lettura del Vecchio e del Nuovo Testamento nonché dei testi della tradizione. Ne ha fatto un completo excursus il card. Kasper nel suo libro “Misericordia”, ed. Queriniana. Le Encicliche “Dives in misericordia” di Giovanni Paolo II del 30 novembre 1980 e quella recentissima “Misericordiae vultus” di Francesco dell’11 aprile 2015 offrono ogni fondamento teologico possibile. E come dimenticare il discorso di apertura del Concilio Vaticano II di Giovanni XXIII e quello di chiusura di Paolo VI? Tuttavia, la concreta comprensione del messaggio è possibile solo se si muove dall’intelligenza del mondo presente.

LE LEGGI NON BASTANO

Solo leggendo attraverso il prisma del mondo si riesce a percepire che la misericordia che oggi Francesco ripropone come cuore del messaggio cristiano non è una rituale ripresa di un vecchio ritornello, ma è la risposta fondamentale alla presente condizione umana. L’esser lupo dell’uomo all’uomo non è un’eccezione della storia umana, è una costante. In alcune epoche della storia diviene la tendenza prevalente. In ogni caso, anche laddove, come in Europa, si vivano lunghi periodi di pace, per tenere insieme le società non bastano le leggi e l’uso legittimo della forza. Non bastano i diritti, che si vengono moltiplicando, al punto che si tende a tradurre quasi immediatamente il bisogno in diritto. Non basta la giustizia. Occorre qualcosa di “extra-giudiziale”, di “extra-istituzionale”. Tanto più in zone del mondo, dove conta solo la forza nei rapporti tra gli uomini. Tanto più su scala globale, quando il vecchio ordine di Westfalia è saltato nel 1945, quello bipolare nel 1989, mentre non ne appare uno nuovo all’orizzonte.

LO SCENARIO INTERNAZIONALE

Lo scenario in cui siamo parte consapevole e impotente, in quanto singoli, è quello di un rinnovato scontro tra potenze mondiali e tra  potenze regionali, di stati che falliscono, lasciandosi dietro una scia di morti e di terrore. Sotto la coltre della politica mondiale, si agita l’umanità ferita del mondo: gli uomini, mai come oggi così numerosi – nel 1975 eravamo quattro miliardi, al 2015 stiamo raddoppiando – mai così fragili, fanno fatica a stare insieme sul pianeta: acqua, energia, cibo, aria continuano ad essere l’oggetto di una competizione sanguinosa. Le disuguaglianze assolute sono diminuite, ma quelle relative e percepite sono aumentate. Non c’è nessuna “città sulla collina”, da cui muovere per domare gli incendi della pianura, se non quella di un’autorità spirituale, che non parli a nome di etnie, popoli, stati, leggi, eserciti, ma solo a nome dell’umanità offesa, ferita, annientata. Un’autorità “esperta in umanità”.

SGUARDO SUL MONDO IN NOME DELL’UMANITÀ

La misericordia è, in primo luogo, questo sguardo sul mondo in nome dell’umanità stessa. Con un’avvertenza: amare l’umanità degli altri significa primariamente riconoscere l’umanità del prossimo, del vicino: quella “singolarità universale”, di cui scrisse Sartre. Amare il lontano viene facile. Molte ideologie di liberazione lo hanno proposto e praticato, talora uccidendo milioni di uomini in carne e ossa qui vicini in nome dell’umanità lontana nello spazio o nel tempo futuro. L’umanità dell’umanesimo è un ideale bellissimo, invece il vicino, a volte, irrita, puzza, è antipatico, ti impegna, ti stufa, ti molesta. E, ovviamente, viceversa.  La misericordia è l’approccio simpatetico o empatico. Solo raramente è spontaneo. Richiede una visione completa dell’altro, disciplina interiore, fatica, dominio di sé. Dio è lento nell’ira, dice il profeta Osea. Noi siamo velocissimi. L’onnipotenza di Dio si manifesta nella misericordia, ha scritto san Tommaso. La nostra “potenza” deve seguire lo stesso percorso. No, la misericordia non è un atteggiamento radical-chic da anime belle; è la fatica di umanizzare se stessi e di tenere a bada la ferocia animale, che cova dentro di noi.