Auguri. Che il Natale non diventi una favola

Natale strano, quello che siamo chiamati a vivere in questi giorni. Da una parte, abbiamo l’ostinata certezza dell’annuncio cristiano: Dio nasce, diventa bambino. Con tutta la storia, tra lo struggente e il tragico, che gli va dietro. Dall’altro abbiamo le interminabili discussioni della politica sugli immigrati, i problemi economici, i rapporti internazionali, gli accordi per contrastare il terrorismo… Appena più in là, infatti, continuano guerra e violenza. Così si ha la sensazione che il mondo del Vangelo e il mondo nel quale siamo chiamati a vivere siano divisi da un abisso: il vangelo non riesce a toccare quello che capita oggi e quello che capita oggi non riguarda il vangelo. Con conseguenze drammatiche: al mondo si ruba quel residuo di speranza che potrebbe dargli un minimo di slancio. Mentre il vangelo, così diverso dallo storia del mondo, lo si proietta in una indefinita lontananza, lo si fa diventare una favola.

Il nostro primo augurio ce lo facciamo da credenti. Che siamo capaci con il nostro impegno e con la nostra dedizione a “dare carne” al Dio di Betlemme che si fa carne.

L’altro augurio – augurio apparentemente impotente e infruttuoso – lo facciamo a tutte le donne e gli uomini che ci tocca di incontrare, al mondo che ci sta attorno. Che non perda il gusto di sperare. Il che significa saper guardare oltre quello che ci capita e guardare in una direzione “sensata” e promettente.

Buon Natale ai nostri lettori, buon Natale a tutti.

                                                                                                                                                             Redazione