La famiglia di Gesù e la nostra. Dove imparare a essere uomini liberi

Immagine: Orazio Borgianni, Gesù tra i dottori, 1609 circa, collezione privata

I genitori di Gesù si recavano ogni anno a Gerusalemme per la festa di Pasqua. Quando egli ebbe dodici anni, vi salirono secondo la consuetudine della festa. Ma, trascorsi i giorni, mentre riprendevano la via del ritorno, il fanciullo Gesù rimase a Gerusalemme, senza che i genitori se ne accorgessero. Credendo che egli fosse nella comitiva, fecero una giornata di viaggio, e poi si misero a cercarlo tra i parenti e i conoscenti; non avendolo trovato, tornarono in cerca di lui a Gerusalemme (Vedi Vangelo di Luca 2, 41-52. Per leggere i testi liturgici di domenica 27 dicembre, Festa della santa Famigli, clicca qui)

Giuseppe e Maria salgono dunque a Gerusalemme per la pasqua ebraica. Gesù sale con loro quando  ha dodici anni perché questo era il tempo nel quale per il ragazzo iniziava l’obbligo di osservare legge. Passata la festa di pasqua, i genitori di Gesù ripartono per Nazaret, ma il bambino rimane a Gerusalemme. L’incidente sembra a noi un po’ strano e strano ci sembra anche che due genitori non si interessino di un bambino di dodici anni. In realtà, l’incidente è facilmente comprensibile nell’ambiente di vita di Gesù e dei suoi genitori. I ragazzi erano, come sempre, da una parte non seguiti e sorvegliati come oggi e, dall’altra, la rete di parentele era talmente forte che tutti sorvegliavano in qualche modo i figli di tutti e non era necessario che ogni genitore si interessasse personalmente dei propri figli. D’altra parte, i tre giorni sono probabilmente da vedersi come un’allusione alla risurrezione da parte dell’evangelista Luca che racconta la scappatella di Gesù. Gesù, infatti, nell’ottica di Luca, sta anticipando, con la sua avventura giovanile, il senso finale della sua vita.

Giuseppe e Maria devono tornare a Gerusalemme e porre rimedio a un comportamento del piccolo Gesù che loro, decisamente, non si potevano aspettare. Lo ritrovano nel tempio, seduto in mezzo ai dotti: li ascolta e li interroga. Gesù è presentato nel suo primo incontro con il mondo ufficiale ebraico, dentro il tempio di Dio, la sua casa. E lì Gesù presenta già la sua straordinaria autorevolezza. La scena annuncia i confronti con i dottori della legge di cui parleranno spesso i vangeli quando racconteranno della vita pubblica di Gesù.

Giuseppe e Maria rivolgono un amabile rimprovero al bambino: Figlio, perché ci hai fatto questo? Ecco, tuo padre e io, angosciati, ti cercavamo. Alla domanda di Maria Gesù risponde con una doppia domanda. La prima ricorda la domanda fatta dagli angeli alle donne, davanti al sepolcro: Perché cercate tra i morti colui che è vivo? Perché mi cercavate?, chiede qui Gesù. La domanda risuona come un rimprovero per una fede non ancora viva. Poi Gesù aggiunge: Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio? È la seconda domanda che permette a Gesù di spiegare che il Padre celeste è suo padre.

Maria, di fronte alle stupefacenti risposte di Gesù, medita, rimugina nel suo cuore quello che sentito. E Gesù torna con i suoi a Nazaret, vive da figlio, sottomesso a loro e cresceva in sapienza, età e grazia davanti a Dio e agli uomini.

ANTICIPO DELLA PASQUA

Va capito bene il senso generale del brano che è molto più del racconto di un incidente. Il vangelo di Luca è, per la maggior parte, il racconto del viaggio di Gesù verso Gerusalemme. Lo “smarrimento” di cui parla il vangelo di oggi è, in realtà, un anticipo simbolico di quel viaggio. Tutto il brano è, in effetti, un preludio di quello della risurrezione: Gesù che scompare e viene ritrovato dopo tre giorni, ricorda i tre giorni della sepoltura di Gesù. La domanda che Gesù pone a Maria e Giuseppe: Perché mi cercavate ricorda, ricorda come già detto, quella degli angeli alle donne…

IL FIGLIO NON CI APPARTIENE

Ma la vicenda umana della famiglia di Gesù ci segnala alcune verità profonde della nostra stessa esperienza familiare. Anzitutto ci dice che il figlio, qualsiasi figlio, non ci appartiene, non è “cosa nostra”. Non tanto perché è libero di fare quello che vuole, ma perché è opera di Dio. Non siamo i suoi creatori. Il creatore è un altro. Questo è verissimo per Gesù. Ma lo è di ogni figlio. Vedi la prima lettura. Il figlio di Anna è “proprietà” di Dio. La funzione educativa è soprattutto questa forma superiore di rispetto. In effetti “non si diventa grandi che per le persone che credono in noi” (Evely) e che, quindi, credendo in noi, ci lasciano prendere il volo.

LA FAMIGLIA, LUOGO DELLA GRATUITÀ

In secondo luogo, la festa di oggi ci dice che la famiglia è luogo della gratuità: lì ci si ama senza vantaggi. Padre e madre si sono sposati perché si amavano e solo per quello, hanno dato la vita ai figli perché li amavano prima di averli e li hanno amati dopo e anche quando era difficile amarli. La famiglia nasce e cresce sulla base di rapporti liberi e gratuiti. Proprio perché costruita così, la famiglia è “luogo” dell’apprendistato ad affrontare il mondo, dove spesso sono altri i criteri che regolano i rapporti tra gli uomini. Insomma nella famiglia (soprattutto nella famiglia, anche se non esclusivamente) si apprende a fare il mestiere di uomo e solo dopo aver imparato a fare l’uomo si impara a lavorare, a produrre, a guadagnare, a governare… La crisi della famiglia inizia quando finisce il suo spirito gratuito e quando la famiglia rinuncia al suo compito di insegnare a essere uomini, ad amarsi senza interesse, solo perché si è madri, padri, figli.

Per questo la Sacra Famiglia ci è preziosa. Le sue apparenti “stranezze” sono, in realtà, la spia dei valori che dovrebbero governare anche le nostre famiglie.