Se il Papa si confessa, vuol dire che non è quel santerello che si dice

“Se il Papa si confessa significa che non è poi quel santerello che sembra essere”, mi dice un amico, in maniera un po’ scanzonata. A parte la battuta, mi sembra che dietro la battuta ci sia una idea di Papa e una idea di Chiesa. Tu cosa ne pensi?
Cristian

Caro Cristian,
Papa Francesco si è presentato sin dalla sua elezione a vescovo di Roma come un uomo estremamente libero di essere sé stesso, coerente con la sua identità di gesuita, scevro da ogni formalismo; la ricchezza e originalità della sua persona, unita alla formazione e all’esperienza pastorale latino americana lo rivelano aperto alla ricerca e al dialogo, lontano da compromessi e rigidità con accenni a una certa “semplicità” che si presta a strumentalizzazioni o interpretazioni arbitrarie.

ANCHE LUI PECCATORE

Egli non teme di mostrarsi come peccatore bisognoso di perdono, non per una falsa immagine di umiltà, ma per la limpida consapevolezza e chiara coscienza della sua condizione di uomo credente, che di fronte alla santità di Dio e al suo vangelo coglie la distanza e l’incoerenza. Francesco sta facendo crollare il mito del vescovo di Roma come uomo integro, irreprensibile e perfetto, amministratore del potere temporale della Chiesa, che ancora molti credenti nostalgici rimpiangono e desiderano ripristinare. Riconoscere la propria condizione di peccatore che ha bisogno di confessare la sua miseria, non toglie la dignità e il valore del Papa, anzi, lo colloca come servo dei servi, colui che ha bisogno di farsi lavare i piedi per poterli lavare ai fratelli.

UNA CERTA IMMAGINE DI DIO

Questo diviene annuncio del volto e del nome di Dio che è misericordia e provocazione per i credenti a rivedere la fondatezza evangelica della propria fede ed esperienza. Spesso abbiamo oscurato l’immagine di Dio e abbiamo annunciato il Dio giusto che punisce, diviso la Chiesa in giusti e peccatori, sottovalutando la rivelazione biblica che Dio è amore e misericordia senza limiti. Riconoscersi peccatori è liberarsi da certe forme di fariseismo che quietano le coscienze nell’assolvere qualche gesto dall’apparenza religioso; è trasformare l’idea di perfezione e santità, a volte disumane, frutto solo di uno sforzo personale, in accoglienza di un Amore che trasforma dall’interno il cuore e la mente e conduce alla consegna a Dio della propria esistenza. La misericordia di Dio, non esclude mai, ma include sempre, il limite, il peccato, la fragilità… Se il nome di Dio è misericordia significa che egli non sta sopra le nuvole, disinteressato al destino degli uomini, ma piuttosto che ama i miseri, si fa toccare dalla miseria dei suoi figli e cerca ogni via perché possano tornare a Lui.

IL PAPA AFFERMA CHE IL PECCATO È COSA SERIA. ANCHE NELLA CHIESA

Papa Francesco riconoscendosi peccatore, afferma la realtà che abita gli uomini e che il mondo contemporaneo nega o annacqua, e cioè la serietà del peccato che non ha solo una valenza personale, ma anche comunitaria e sociale. Egli infatti, non maschera, ma denuncia anche le ferite presenti nella Chiesa, portandole alla luce, perché anch’essa sia purificata e riconciliata. La Chiesa santa, santificata ogni giorno da Cristo, e peccatrice, portatrice della salvezza per gli uomini, ha bisogno continuamente di essere per prima perdonata e salvata. Gli scandali che l’hanno profondamente ferita però non possono e non devono offuscare la testimonianza luminosa di tanti martiri e testimoni della fede che anche oggi rendono visibile e credibile il vangelo. La chiesa preferisce usare la medicina della misericordia piuttosto che imbracciare le armi del rigore. Ciò che la chiesa annuncia è la necessità per gli uomini di convertirsi all’Amore e avvertire l’urgenza di avviare processi di cambiamenti personali e comunitari, di denunciare e dare un nome a quelle strutture di peccato che impoveriscono e feriscono l’umanità.

LA CHIESA E LA MISERICORDIA

Papa francesco facendo della misericordia la caratteristica del suo pontificato rende la Chiesa un spazio di misericordia nella quale ogni uomo può abitare e sostare per trovare consolazione, forza e speranza, per dare ragione della fede, per riconquistare la propria dignità e identità di figli amati e perdonati, per riconoscersi fratelli in umanità con tanti uomini e donne che soffrono, amano e camminano nella storia. Egli non ci affida solo una virtù individuale e spirituale, ma soprattutto un luogo della visibilità e vivibilità dell’esperienza cristiana che dà forma alla vita personale ed ecclesiale. La sfida che Francesco ci lancia è di recuperare la chiamata seria alla santità che caratterizza ogni battezzato, Papa compreso, ritornando decisamente a fare del vangelo della misericordia la forma della Chiesa. Saremo in grado come credenti, come Chiesa, di cogliere la novità che lo Spirito sta suscitando in questo tempo nel quale sembrano prevalere la rassegnazione e la caduta dei grandi ideali? Non chiudiamo le porte allo Spirito che la spinge sempre in avanti, oltre i limiti angusti delle nostre visioni: diveniamo profeti di un futuro che non ci appartiene.