Essere famiglie “a termine” è un bel gesto di generosità. Un dono disinteressato. Non è da tutti. Nella rete nata con Aeper da oltre vent’anni ci sono una sessantina di nuclei, genitori e figli, protagonisti insieme di questa avventura. “La rete – spiega la coordinatrice Judith Tasca – è nata come sostegno intorno ad alcune famiglie che avevano già accolto bambini e ragazzi in difficoltà”. Nel tempo si è costituita una struttura snella fatta per accompagnare e sostenere questa scelta coraggiosa: un’assistente sociale, alcuni educatori, due psicologi, alcuni giovani che svolgono il servizio civile.
Non è facile accogliere un bambino o un ragazzo con una storia problematica e un’esperienza complicata: “Le famiglie – spiega Judith – spesso si trovano a dover gestire situazioni più impegnative rispetto a quelle dei loro figli: incontri, psicologi, sostegno educativo. Per questo cerchiamo di offrire loro alcuni strumenti, di semplificare le situazioni che affrontano con le risorse appropriate”. L’affido nasce dal bisogno dei minori di crescere in un contesto diverso dal proprio in cui possano essere educati e benvoluti. Un passaggio che comunque non è indolore per i bambini, che si trovano a cambiare completamente contesto, scuola, amicizie, e a dover gestire difficoltà emotive, relazionali, scolastiche.
Ogni anno arrivano nuove famiglie, soprattutto grazie al passaparola, e per loro incomincia un percorso di formazione: “Esiste un laboratorio permanente – spiega Judith – che si ritrova un sabato pomeriggio al mese e coinvolge tutta la famiglia, con attività adatte a ogni età, per i grandi e per i piccoli, sui temi legati all’accoglienza”. Ma non ci sono soltanto i momenti di lavoro e di approfondimento, le famiglie si conoscono e trascorrono insieme anche un po’ del tempo libero: questo le aiuta anche a sostenersi a vicenda, a essere risorsa l’una per l’altra quando se ne presenta la necessità.
“Le famiglie affidatarie non sono da sole – sottolinea Silvia Alborghetti, assistente sociale – all’interno di un’esperienza condivisa e di comunità diventa più facile confrontarsi e portare le proprie fatiche ed esperienze. La conoscenza reciproca è fondamentale anche per poter fare l’abbinamento giusto con i bambini in affido”.
Per le famiglie affidatarie è davvero un aiuto: “Alleggerisce molto il nostro compito – sottolinea Donato, papà affidatario da parecchi anni, spesso di adolescenti -. I ragazzi fanno richieste alle quali non è sempre facile rispondere, grazie alla rete si può avere quasi immediatamente la possibilità di un confronto e di ottenere sostegno se serve. Quella dell’affido non è una situazione facile o idilliaca, anche se può essere sostenuta da qualsiasi famiglia. All’inizio io ero un po’ titubante, pensavo che ci volesse qualche abilità particolare. Abbiamo cominciato con una ragazza di sedici anni e non è stato semplice, ma poi abbiamo capito che potevamo farcela, che ne valeva la pena, e ce l’abbiamo messa tutta. Non si fanno miracoli, non possiamo guarire le ferite di questi ragazzi ma possiamo alleviarle, accompagnarli e farli vivere in un contesto familiare più sereno possibile, ovviamente con tutti i nostri limiti. Occorre un po’ di sensibilità non particolari competenze”.
Da uno studio condotto di recente, spiega Alborghetti, è emerso che le famiglie affidatarie riportavano benefici positivi da questa scelta anche rispetto alle loro esperienze personali.
In tanti di storia il bagaglio di testimonianze e vita vissuta della rete di famiglie di Aeper si è arricchito moltissimo: “A distanza di anni i ragazzi dimostrano di essere capaci di rileggere le loro esperienze – racconta Judith -. A volte sembra che non ascoltino, che siano ribelli, ma in realtà poi, anni dopo, ci si accorge che hanno fatto tesoro di ciò che gli è stato trasmesso dai genitori affidatari. Loro stessi a volte ammettono che gli ha fatto da guida, che gli ha permesso di crescere, di diventare a loro volta genitori, sforzandosi di farlo bene”. Anche il rapporto con le famiglie d’origine non è sempre facile: “In alcune situazioni non è possibile – racconta Donato – ma quando invece si può realizzare cerchiamo di creare un clima di collaborazione e di corresponsabilità nei confronti del minore: è importante adottare almeno su alcuni principi base una linea comune”.
Intorno a esperienze vive come queste anche le normative non possono che essere in evoluzione: adozione e affido fino a oggi sono state strade parallele, ora però c’è un punto di contatto: le famiglie affidatarie possono adottare, scelta che finora era negata anche nel caso in cui per i minori affidati fosse diventato impossibile il ritorno nella famiglia d’origine. “Una scelta importante – chiarisce Silvia Alborghetti – che rispetta la continuità degli affetti e l’interesse dei minori”. Una scelta legislativa non facile e non scontata visto che le caratteristiche delle famiglie affidatarie non coincidono attualmente con quelle necessarie per l’adozione, per la quale ci sono vincoli più stretti e norme più rigorose. Per rispondere alle esigenze che via via emergono ci sono tavoli di lavoro a livello nazionale come quello del Cnsa (Coordinamento nazionale famiglie affidatarie) a cui anche Aeper partecipa.