Spunti laici su terrorismo e Pasqua. Non ci si salva da soli

IL TERRORISMO GETTA SCOMPIGLIO NELL’ARENA PUBBLICA

L’effetto più profondo e duraturo del terrorismo è che riempie i luoghi pubblici di corpi dei morti e di disperazione dei vivi. Non opera nella quiete delle nostre case, ma nell’arena pubblica. Sradica per sempre degli individui dalla comunità umana e genera l’insicurezza dello stare insieme di coloro che sopravvivono. Disperazione individuale e disperazione pubblica sono due facce dello stesso evento.  La domanda che insorge in ciascuno di noi è radicale, senza tregua: in che cosa possiamo sperare? Il che è come chiedersi: qual è il fondamento e il fine e il senso del nostro stare insieme? Da New York, Bruxelles, a Parigi, a Istanbul, a Bagdhad, alla Nigeria, alle Filippine – dovunque il terrorismo jiadista operi – la domanda sulla consistenza della storia umana emerge in un alone di nebbia e di incertezza. Nella coscienza quotidiana si esprime con espressioni più prosaiche: “dove andremo a finire?” “in che mani siamo?” “chi ci difenderà?”…

IL TERRORISMO NON CONOSCE FRONTIERE

Lo Stato moderno è nato quale risposta a queste domande, che di volta in volta erano generate da conflitti, guerre civili e religiose. Ma in questa alba insanguinata del secolo XXI anche lo Stato nazionale non sembra più in grado di garantire la sicurezza individuale e la libera convivenza pubblica degli uomini. Non dà speranza. E’ pertanto illusorio chiudersi dentro i confini nazionali. Così come è troppo facile scagliarsi contro indampienze, egoismi, sonnambulismi delle classi dirigenti nazionali. Il terrorismo non conosce frontiere. È il primo soggetto politico globale. A suo modo, muove dall’esperienza di un’umanità divenuta realmente globale. Se l’istinto “biologico” della speranza, che non si vuole arrendere alla morte e spinge in avanti le nostre vite, non si configura come responsabilità pubblica verso l’umanità intera, vinceranno le potenze di morte. Ci siamo illusi che la storia procedesse verso un progresso addizionabile, conquista dopo conquista scientifica, benessere dopo benessere. Gli europei o, se si preferisce, “l’Occidente”, hanno costruito una campana di vetro, che finora ha protetto le nostre orecchie dai rumori confusi  delle sterminate periferie del mondo, in cui ribollono speranze, ideologie, rivolte, diseguaglianze, fondamentalismi.

O LA SPERANZA È PER TUTTI O NON È

Come costruire una speranza ragionevole in questa condizione di anarchia mondiale? Una speranza non solo per me, ma per tutti? Il primo passo è il vedere il mondo come esso realmente è, senza velature ideologiche. Solo che la visione di ciò che è richiede una decisione morale preventiva: che il mondo ci venga incontro nell’evidenza e ci interroghi esige una purificazione dello sguardo dall’egoismo sazio e indifferente. Esige l’assunzione di responsabilità. Ciò che oggi accade – ma in Italia era già accaduto nel decennio ‘70/80 -nelle nostre città europee – la condensazione di disagio e di radicalismo di una parte di gioventù europea della seconda o terza generazione di immigrati, precipitata direttamente nella Jihad, by-passando lo stesso Islam – è l’effetto di una lunga irresponsabilità e cecità della politica, appoggiate dal consenso cieco e irresponsabile dei cittadini europei.

IL BENESSERE MORALE DEL MONDO

Ma, soprattutto, è l’effetto della perdita di un messaggio razionale, che il Sepolcro scoperchiato in una notte di circa duemila anni fa a Gerusalemme ha consegnato alla storia degli uomini: risorgere si può, se tutta la libertà/responsabilità personale è coinvolta. E’ una possibilità aperta a tutti, ma è una scelta personale e collettiva. Si dovrebbe forse rileggere, in questi giorni, l’Enciclica “Spe salvi” di Benedetto XVI: “… la libertà dell’uomo è sempre nuova e deve sempre nuovamente prendere le sue decisioni… La libertà presuppone che nelle decisioni fondamentali ogni uomo, ogni generazione sia un nuovo inizio. Certamente, le nuove generazioni possono costruire sulle conoscenze e sulle esperienze di coloro che le hanno precedute, come possono attingere al tesoro morale dell’intera umanità. Ma possono anche rifiutarlo, perché esso non può avere la stessa evidenza delle invenzioni materiali. Il tesoro morale dell’umanità non è presente come sono presenti gli strumenti che si usano; esso esiste come invito alla libertà e come possibilità per essa… Il retto stato delle cose umane, il benessere morale del mondo non può mai essere garantito semplicemente mediante strutture, per quanto valide esse siano… Anche le strutture migliori funzionano soltanto se in una comunità sono vive delle convinzioni che siano in grado di motivare gli uomini ad una libera adesione all’ordinamento comunitario. La libertà necessita di una convinzione; una convinzione non esiste da sé, ma deve essere sempre di nuovo riconquistata comunitariamente… Poiché l’uomo rimane sempre libero e poiché la sua libertà è sempre anche fragile, non esisterà mai in questo mondo il regno del bene definitivamente consolidato…. La libertà deve sempre di nuovo essere conquistata per il bene”. Sono parole rivolte a noi, Belgi, Francesi, Italiani…