La Sacra Spina. Reliquie false, reliquie vere e perché le reliquie

Se la fioritura della Sacra Spina di San Giovanni Bianco (BG) si manifesta solo quando il Venerdì santo cade il 25 marzo – quest’anno è stato quello buono! – , allora il prossimo appuntamento è al 2150. Temo che sia fuori dalla portata di chi scrive, ma anche di chi legge, ma anche dei nostri figli e nipoti.

QUALCHE APPUNTO DI STORIA

A fondamento della “spinologia” sta la Legenda aurea di Jacopo da Varagine (1228-1298), in cui si narra di Elena, la madre dell’imperatore Costantino, che avrebbe trasportato a Roma la Corona di spine, poi tornata a Costantinopoli, poi data da Re Baldovino a commercianti veneziani in cambio di un bel prestito 13.134 monete d’oro, poi stabilitasi a Parigi nel 1248, dove è stata distrutta ed è rimasta senza spine durante la Rivoluzione francese, molte delle quali emigrate in Italia.

SAN PROCOPIO HA DIECI MANI. SAN TEODORO QUINDICI MANDIBOLE

Quanto al presente, esiste una letteratura molto vasta e spesso irridente sulle reliquie. Già il poeta bizantino Cristoforo di Mitilene, attivo attorno alla metà dell’Anno Mille, segnalava che erano venerate dieci mani di San Procopio, quindici mandibole di San Teodoro, otto piedi di san Nestore, quattro teste di San Giorgio.
Il Decamerone di Giovanni Boccaccio racconta, nella decima novella della sesta giornata, di Frate Cipolla, che aveva promesso a dei contadini di mostrare loro “la penna dello agnolo Gabriello”. Ma, invece che la penna – si suppone, bianca – dell’angelo, avendo trovato dei carboni nerissimi, spiegò ai contadini leggermente scettici che si trattava dei carboni “di quegli che arrostirono san Lorenzo”.

IL TRAFFICO DELLE RELIQUIE

Più seriosamente gli storici raccontano del traffico di reliquie, iniziato già nell’Alto Medioevo e intensificatosi attorno alla Prima Crociata, indetta il 27 novembre 1095 da papa Urbano II, avviata nel 1096 e conclusa con la conquista di Gerusalemme nel 1099. Reliquie, nuovi santuari, nuovi mercati, nuovi pellegrinaggi: questo intreccio è una delle cause della fioritura economico-sociale dell’Anno Mille. Ovvio che molte erano fabbricate ad hoc. Rendevano molto. Solo in Italia si calcola che esistano circa una ventina di Sacre Spine. A Noto, in Sicilia, una viene portata in processione ogni Venerdì santo dal 1295. Tante bastano per fare una larghissima e ben spinosa corona. La Riforma protestante è incominciata dalla denuncia del traffico di reliquie. La Chiesa le ha classificate in quattro classi. In più esistono reliquie ex-contactu. Quelle di Papa Wojtila vanno per la maggiore. Persino su E-Bay si trovano “le migliori offerte” di reliquie. Il Codice di Diritto Canonico, all’art. 1190, regola tutta la materia e ha proibito, con scarso successo, questo commercio. Del resto anche gli islamici hanno le loro reliquie: a Srinagar nel Kashmir, nel tempio di Hazratbal, migliaia di fedeli accorrono a rendere omaggio ad un pelo che si crede essere appartenuto alla barba del Profeta. È noto che i peli e i capelli si conservano molto a lungo… I buddisti tibetani hanno organizzato recentemente un’esposizione itinerante delle reliquie del Buddha e di altri maestri buddisti dell’India, del Tibet, della Cina.

MA NON È SOLO COMMERCIO. I LIMITI INVALICABILI DELL’UOMO

Solo commercio? Qui poco importa se le reliquie siano vere o assai più probabilmente fabbricate per fini religiosi e/o commerciali. certo che esprimono un sentire religioso, che non si manifesta attraverso l’elaborazione teologica, ma attraverso una presenza fisica. Questa presenza non produce la fede; è la fede che trasforma un oggetto in reliquia. E’ la fede che fonda le reliquie come segni di una presenza altra. Negli anni ’60 Sabino Acquaviva scrisse un saggio dedicato a “L’eclissi del sacro nella società industriale”. Pare, invece, che il Sacro torni e riemerga come un fiume carsico, in mezzo ai trionfi della potenza tecnologica, delle nuove scoperte, dei drammi talora sanguinosi della storia umana. Ogni volta che si aprono delle faglie nella storia del mondo, avvertiamo più forte la finitudine personale e quella collettiva. Da quando esiste la bomba atomica, da quando esiste la chimica batteriologica, da quando l’uomo è in grado di costruire l’uomo in laboratorio, si è accesa nella nostra coscienza e in quella collettiva la spia dell’insicurezza radicale. Non solo i singoli, ma la specie umana è a rischio di suicidio. Di qui la percezione di un’insufficienza radicale del tempo storico e l’aspirazione profonda ad un tempo escatologico, ad un tempo sacro. Gli studi di Jacques Le Goff sul tempo sacro dell’uomo, proprio a partire da Legenda aurea, , identificano questo bisogno, che non è soltanto tipico del Medioevo, che lui ha analizzato, ma a maggior ragione del tempo contemporaneo. Esiste la domanda di un punto di intersezione tra il tempo privato, il tempo pubblico, il tempo storico e il tempo escatologico. Questa domanda nasce dalla percezione della nostra irrimediabile finitudine e dal rifiuto di accettarla come il destino ontologico finale. L’ebraismo e il Cristianesimo hanno introdotto nella storia della coscienza umana il seme o, secondo una recente filosofia neo-stoica, il “vizio assurdo” della speranza. Se questa tensione si condensi superstiziosamente su un oggetto fisico o se invece la “Sacra spina” diventi il crocevia dei quattro tempi sopra ricordati; se la venerazione della Sacra spina si riduca a un Welfare del divino, tipico di una fatua New age, o ad un gesto di conversione; se a San Giovanni Bianco in questo prossimo week end si faccia un’esperienza religiosa autentica o semplicemente una sagra… tutto è consegnato alla libertà di ognuno.