Un parroco non vuole concerti in chiesa. Ma l’arte conduce a Dio

Foto: un concerto nella cattedrale di Bergamo

Il mio parroco sostiene che in chiesa non si devono fare concerti. La chiesa, dice, è luogo di preghiera. Ci ho litigato un poco perché gli ho spiegato che la chiesa con le sue opere d’arte è luogo ideale dove far incontrare una cultura sensibile alla bellezza e i temi della fede. Tu sei monaca e immagino che sei d’accordo con il mio parroco. Ma vorrei sapere che cosa davvero pensi al riguardo. Davide

IL SALMO: “LODATE IL SIGNORE CON SQUILLI DI TROMBA, CON ARPA E CETRA…”  

Nessun dubbio nel ritenere la musica, in modo particolare quella sacra, un veicolo che conduce a Dio, caro Davide; essa è bellezza, armonia, sensibilità e, come tale, dispone il cuore e la mente ad accogliere il Signore e a conoscere e gustare qualcosa del suo mistero. Come ogni arte, essa tocca le profondità dell’anima aiutando ad esprimere quei sentimenti più reconditi che abitano il cuore, per elevarli sino al cielo. Alla musica sono affidate le preghiere del popolo di Israele e la celebrazione delle sue feste: gioia e dolore, vittorie e sconfitte, lamenti ed esultanza trovano in essa il linguaggio più appropriato per esprimersi ed effondersi a Dio; ne sono un esempio i salmi, molti dei quali invitano l’orante ad accompagnare la propria preghiera con i più diversi strumenti musicali. Il salmo 150, infatti, canta: “Alleluia. Lodate il Signore nel suo santuario. (…) Lodatelo con squilli di tromba, lodatelo con arpa e cetra; lodatelo con timpani e danze, lodatelo sulle corde e sui flauti. Lodatelo con cembali sonori, lodatelo con cembali squillanti; ogni vivente dia lode al Signore. Alleluia.”

NELLE NOSTRE CHIESE GLI ANGELI SUONANO E CANTANO

La Tradizione popolare, inoltre, affida alle creature celesti la missione di lodare Dio accompagnandosi con strumenti musicali; quanti affreschi nelle nostre chiese ritraggono angeli intenti a suonare, dinanzi al trono di Dio, trombe, arpe, cetre, flauti, evocando brani tra i più noti dell’Apocalisse: “Hanno cetre divine e cantano il canto di Mosè, il servo di Dio, e il canto dell’Agnello: «Grandi e mirabili sono le tue opere, Signore Dio onnipotente; giuste e vere le tue vie, Re delle genti!» (Ap. 15,2-3); e ancora: “La voce che udii era come quella di suonatori di cetra che si accompagnano nel canto con le loro cetre. Essi cantano come un canto nuovo davanti al trono e davanti ai quattro esseri viventi e agli anziani.” (Ap. 14,1-3).

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Perché, allora, escludere dalla chiesa la possibilità di offrire ai fedeli l’ascolto di elevazioni musicali che innalzano l’anima, consolano i cuori e aiutano a contemplare quella bellezza e quella armonia che, proprio in Dio, trovano la sua sorgente e il suo compimento? Eseguito in chiesa, un brano musicale ha risonanze molto più profonde rispetto ad altri luoghi: tra le mura di un luogo sacro, infatti, il riferimento a Dio è immediato, oserei dire, spontaneo. Quante volte, al termine di un concerto, abbiamo spontaneamente esclamato: “Abbiamo gustato un poco di Paradiso?”. E allora, perché temere? Non è, forse, preghiera questa? Comprendo, tuttavia, la posizione del parroco, intimorito solo all’idea di una tale iniziativa. Forse andrebbe aiutato a comprendere che ciò è autenticamente umano non è un ostacolo a Dio e alla relazione con Lui, ma ne è la strada privilegiata.
Non si tratta, infatti, di aprire le porte della chiesa a tutti i generi musicali poiché sappiamo bene che, purtroppo, non tutta la musica a assolve questa sua alta missione, ma di disporre il cuore e la mente ad integrare le ordinarie vie di evangelizzazione con tutto ciò che di bello, di grande e di sapiente anche l’arte offre allo scopo di conoscere meglio il mistero del nostro Dio, che di arte…se ne intende!