Helena, volontaria polacca a Bergamo: «Sono arrivata a metà del percorso. Lo Sve è come un’intera vita vissuta in un solo anno»

Nuovo appuntamento con la rubrica #vieniviaconme, per raccontare il Servizio di volontariato europeo: un progetto che coinvolge giovani di tutta Europa in esperienze intense di impegno sociale e culturale. Oggi siamo di nuovo in compagnia di Helena, 22 anni, volontaria europea che arriva dalla Polonia e collabora con Aeper: è arrivato il momento di fare un primo bilancio…

Il 2 maggio è stata una data importante per me e per il mio progetto in Italia, che è arrivato esattamente a metà.  È stata allora una buona occasione per fermarmi per un attimo e vedere tutte le esperienze che ho vissuto durante questi  sei mesi trascorsi con il mio Servizio di volontariato europeo (Sve), analizzare i miei sentimenti e concludere gli elementi che ho imparato e le competenze che ho acquisto. Non è stato comunque facile – i sei mesi da un lato sono volati via così velocemente, dall’altro sono stati pienissimi di eventi e di esperienze che potrebbero riempire almeno un anno intero.

E se forse in passato avevo immaginato il mio progetto in modo un po’ differente, tante conoscenze e abilità imparate durante questo periodo mi hanno fatto vedere il grande significato dello Sve. Tra le cose che ho imparato una delle più importanti e significative è sicuramente la lingua italiana: prima di arrivare qui non la parlavo quasi per nulla, oggi sono capace di comunicare quasi in tutte le situazioni della vita quotidiana e sono capace anche di scrivere un articolo per il Santalessandro! All’apprendimento della lingua ovviamente si è accompagnato anche quello della cultura italiana: ho imparato tante cose nuove (come ho raccontato anche nell’articolo precedente) e quindi mi è diventata più vicina e familiare. Ho imparato però anche a comunicare meglio gli aspetti più belli e più interessanti della mia cultura di provenienza, quella polacca, e il sentimento di patriottismo. Le altre cose imparate toccano le competenze personali, quindi il mio lavoro con i bambini che si trovano in situazione di svantaggio nella comunità e poi ci sono il senso di empatia, la flessibilità, la pazienza (a volte grande, grandissima!) e la capacità di imparare a superare le mie barriere personali e i pregiudizi verso le persone bisognose. Gestendo il blog del progetto, la pagina facebook e i video sto lavorando sulle mie competenze digitali. Le altre capacità riguardano la vita quotidiana, cioé imparare come vivere da sola, gestire il budget, la cura della casa, cucinare e anche combattere con i momenti di nostalgia o solitudine. Ma anche questi momenti secondo me sono vitali, perché danno al progetto la complessità giusta, c’è sempre un collegamento tra la parte ufficiale di lavoro e quella sociale e privata del progetto.

Dopo questi sei mesi trascorsi qui mi sento più cresciuta, più grande e matura. Sicuramente non sono la stessa ragazza polacca che è arrivata a Bergamo il 2 novembre 2015 all’aeroporto con due valigie grandissime e nella prima settimana si sentiva molto motivata ma nello stesso tempo così persa e confusa sulle strade di Bergamo.

Qualcuno ha detto che i progetti di Erasmus per l’università e gli Sve non rappresentano solo un anno della vita ma tutta la vita vissuta durante un solo anno. Seguendo questa tesi, io allora sono arrivata alla metà della mia vita. Non vedo l’ora di scoprire che cosa incontrerò ancora nei prossimi 50 anni, ops!! Ho sbagliato! Nei prossimi sei mesi della mia vita da volontaria a Bergamo.