Olimpiadi: quanta bellezza nel gesto sportivo. Per un po’ ci fa assaporare la fraternità

Sappiamo tutti che le olimpiadi iniziarono in Grecia. Se uno oggi decidesse di visitare la Grecia classica, sicuramente verrebbe portato a Olimpia. Allora le olimpiadi erano ritenute una benedizione perché cessavano i conflitti e c’era questo momento di partecipazione alle gare di atleti che venivano non solo dalle città greche, ma anche da altre parti del mondo allora conosciuto. Avevano anche dei poeti come Pindaro, che cantavano le prodezze degli atleti, un po’ come succede oggi quando si fanno servizi giornalistici che presentano le doti di un atleta. C’è questa caratteristica delle olimpiadi antiche che è interessante e molto preziosa: erano un periodo di pace. La lotta veniva trasferita nei giochi, secondo delle regole, e erano un momento di festa, quasi un momento estetico nel quale si gustava la bellezza del gesto sportivo. Sappiamo che la nascita dei giochi olimpici si deve a Pierre de Coubertin.
Nei prossimi giorni penso che molti di noi staranno davanti al televisore per vedere le prodezze che gli atleti metteranno in atto, ognuno con la bandiera della propria nazione. Sono interessanti questi giochi, perché mettono in evidenza abilità di atleti di diversi sport che nel nostro paese non sono popolari come il calcio. In tutto questo vedo anche l’occasione per un incontro tra persone che vengono da diverse culture e parlano lo stesso linguaggio, quello della corsa, del lancio del giavellotto, del salto in alto o in lungo e via dicendo. Parlano il linguaggio del corpo, di gesti che si condividono per mostrare la stessa figura e raggiungere il medesimo obiettivo. Parlano il linguaggio delle grandi potenzialità del corpo umano, di come esso non sia una cosa, ma sia invece la manifestazione di un’intenzione, di uno spirito. Il gesto atletico è un gesto profondamente corporeo e, proprio per questo, assolutamente spirituale. Però è anche la inevitabile rivelazione del limite dell’uomo: se uno ce la fa, bene, altrimenti perde. Forse le olimpiadi moderne stanno perdendo l’ispirazione iniziale. La corsa a superare il limite sta diventando prevalente e questo mette spesso a rischio la limpidezza dei giochi olimpici stessi. Vedi le recenti indagini sul doping e le conseguenti esclusioni di diversi atleti dai giochi. Inoltre le olipmiadi moderne non sono capaci di far cessare le guerre e i conflitti, anzi, si devono difendere dal rischio della violenza terroristica, blindandosi. Tuttavia, là dove la preparazione degli atleti è trasparente e non asservita a ragioni di stato o a interessi economici, noi assistiamo alla bellezza di un gesto corporeo umano, animato dalla spiritualità, dalla storia, dalle fatiche e dai sacrifici di tanti atleti che, grazie a questo, vivono insieme, anche quando la loro origine li porta a essere in conflitto ideologico con altri atleti. Il confronto si gioca sulla bellezza di un gesto atletico che rivela tutta la bellezza dell’essere umano. Io vivo così questi giochi, in questo momento di violenza e di guerra il nostro corpo ci rivela la profondità della spiritualità che pervade la vita di tutti gli uomini e le donne di questo mondo. Dostoevskij diceva che la bellezza salverà il mondo. Certo, probabilmente non si riferiva all’esperienza delle olimpiadi. Ma certo in questo evento noi abbiamo a che fare con la bellezza dell’umanità. Di fronte a certe gare e a certi gesti noi rimaniamo meravigliati. Ci prende lo spaesamento perché di fronte a questa profonda unione di corpo e spirito rimaniamo sorpresi e, nello stesso tempo, ricolmi di gioia, anche quando l’atleta non è della nostra nazione. Il corpo spirituale dell’uomo riesce a farci dimenticare per un attimo le contrapposizioni nazionalistiche e ideologiche e ci fa sentire tutti partecipi della medesima umanità, dello stesso splendido destino che si realizza ogni giorno, per ogni uomo e donna di questo mondo. Speriamo che tutto ciò non venga oscurato dalla violenza o dalla menzogna del doping, perché è certamente un’esperienza di fraternità alla quale tutti in fondo tendiamo.