Tutto è diventato globale. Anche la paura

FATTI RECENTI DI ORDINARIA PAURA

Un aereo della Air Algerie scopare dai radar. Panico. Si pensa al peggio. Invece, poco dopo, si viene a sapere che l’aereo è rientrato in sicurezza ad Algeri per un guasto. Ancora nei giorni scorsi, a Glasgow, in un locale pubblico gestito da italiani si ode un’esplosione. Si pensa a un attentato. Invece era semplicemente il crollo di un muro pericolante. Nessun ferito. A Rouen tredici ragazzi muoiono nel rogo di un locale. Non è un attentato, ma la polizia deve dichiarare che non è un attentato.

L’ALTRO CAPO DEL MONDO E CASA NOSTRA

Intanto ancora un’osservazione semplice e risaputa: quello che avviene in Algeria e quello che avviene a Glasgow o a Rouen è come se avvenisse a casa nostra. Davvero è la globalizzazione: la politica, l’economia, la cultura… Quello che è lontano si è avvicinato e il mondo mai come ora è diventato piccolo.
Ma insieme con tutto il resto, si è globalizzata anche la paura. Il che significa non soltanto che quello che impaurisce all’altro capo del mondo impaurisce anche noi, ma anche che quello capita a noi è vissuto nella paura. La paura con tutto quello che le va dietro – il sospetto verso gli altri, le incertezze sulle decisioni da prendere, l’ansia per il futuro, eccetera eccetera – la paura mette il sigillo su tutto.

ANCHE LA FEDE SOFFRE LA PAURA

Mi chiedo anche che cosa significhi la fede stessa vissuta nella paura. E mi pare di intravedere, anche lì, qualche rischio. O si fugge anche dalla fede perché la fede “non serve” per tutelarsi da tutto quello che di negativo ci circonda e che, appunto, ci fa paura. Oppure, al contrario, si fugge nella fede come l’ultimo rifugio. Ma mi chiedo anche se la fede “inutile” o la fede “baluardo” siano davvero le forme della fede che rispondono alla “bella notizia” che è l’annuncio cristiano. Se quella bella notizia non serve più o serve solo per fare da tutela alle nostre paure, la notizia certamente non è più bella e anzi rischia di non essere più neanche una notizia.