L’opinione pubblica nella Chiesa (di Bergamo). A proposito di soldi e non solo

DUE CASI

Della Chiesa e delle cose di Chiesa si parla. Si parla? Di alcune si parla, di molte si sussurra, più che altro. Qualche tempo fa l’edizione locale del Corriere ha parlato di pesanti perdite economiche da parte della curia di Bergamo, per il collasso delle azioni bancarie di cui la curia è titolare. Alcuni mesi prima si era sentito parlare di un pesante “buco”  provocato da una fondazione (mi hanno detto che è meglio non fare nomi) che gestisce alcune scuole cattoliche. La curia, che aveva “firmato” le iniziative della fondazione, ha dovuto onorare la firma. Non si sa se ha dovuto sborsare soldi o se si sono trovate soluzioni diverse. Non si sa se le ha trovate e, se le ha trovate, non si sa quali sono. Del primo caso si è saputo la notizia da un giornale laico, del secondo la si è saputa “di straforo”. Sono soltanto due casi.

LE ISTITUZIONI DOVE GIRANO SOLDI

Ma esistono diverse altre situazioni interessanti. Alcune istituzione caritative, la Caritas, l’Ufficio missionario, ad esempio, fanno girare grandi somme. Di alcune di queste somme le istituzioni interessate devono rendere conto: vedi i contributi governativi per i richiedenti asilo nel caso della Caritas. Ma si sa che a questi gruppi, in particolare all’Ufficio missionario diocesano, arrivano grandi offerte libere. Ma se si chiedesse ai cristiani della nostra diocesi se conoscono il bilancio dell’Ufficio missionario diocesano, credo che il 90 per cento – ameno il 90 per cento – direbbe che non ne sa nulla. La cosa non è una grande notizia, ma in quel 90 per cento mi ci metto anch’io. Sinceramente non so se è perché non esiste bilancio o perché non se ne ha notizia.

NON BASTA ESSERE ONESTI. BISOGNA SAPERLO

Naturalmente non ce l’ho con il lavoro ammirevole di chi si impegna per le missioni nell’Ufficio diocesano o per tutti gli enormi problemi che assillano e noi, e, al nostro posto, la Caritas. E soprattutto, Intendiamoci: lungi da me il sospetto che dei soldi spariscano. Sono assolutamente sicuro che non sparisce neppure un centesimo. Ma qualcuno potrebbe pensare che spariscano soltanto perché non se ne sa nulla. Il problema numero uno non è essere onesti, ma sapere che lo si è. La Chiesa, infatti, non è solo onestà, ma onestà risaputa, alla luce del sole. La Chiesa, infatti, ci dicono, è comunità. E sarebbe un bel guaio se si parlasse molto di comunità e la si vivesse poco, in particolare in questi ambiti così nevralgici, delicati, come il buon uso dei soldi.

Ho citato alcuni esempi che hanno a che fare con l’amministrazione dei beni. L’ho fatto apposta perché si  tratta di un mondo, che, nella Chiesa, da sempre è ricco di eventi e povero di notizie. Non esiste opinione pubblica ecclesiale su quel tema.

I MOLTI PROBLEMI  E IL POCO CONFRONTO

Ma non è l’unico. Possiamo citare a caso: dalle cose più concrete: l’uso delle molte strutture della diocesi e delle parrocchie (le molte chiese, le molte case parrocchiali vuote) ad esempio; alle idee che hanno a che  fare con la presenza della Chiesa: che cosa pensare degli scenari politici e amministrativi spesso così lontani dagli ideali evangelici: si deve continuare a non dire nulla soprattutto nelle molte amministrazioni locali? Alle idee più “ecclesiali”: la crisi della figura del prete, i laici, il ruolo delle donne, eccetera eccetera.

Lo so: qualcuno ne parla. Ma non ne parla la Chiesa. Non esiste, appunto, opinione pubblica, sufficientemente pubblica, ragionevolmente “ecclesiale” e non solo ecclesiastica, di qualche addetto ai lavori. Ora, non è una grande scoperta, ma una Chiesa senza opinione pubblica, una Chiesa, cioè, che non si appassiona ai problemi che la toccano,  è, per forza di cose, un po’ meno Chiesa.