L’inverno troppo mite o senza neve. Non è solo meteorologia. La natura senza regole fa paura

Lo strano inverno

Il nostro dossier di questa settimana parla di clima. Se ne parla molto, come è logico che sia. Ci impressionano l’ostinata mancanza di neve, le temperature eccessivamente miti, nel mese che dovrebbe essere il più freddo. Meteorologi ed esperti variamente competenti stanno spiegando i molti perché di questa situazione. Ma l’evento non riguarda soltanto la meteorologia e l’agricoltura. Tocca, e in maniera sensibilissima, il sentire collettivo, il modo di “stare nel mondo”. Si potrebbe dire, cioè, che anche le bizzarrie del tempo non influenzano soltanto mari, cieli e terra, ma la stessa cultura.

Uomo e natura

È abituale avvicinare la natura all’uomo. Così si parla di nascita o di morte della natura, di un sonno o di un risveglio, di età, di giovinezza e di processi di invecchiamento. Tutta questa simbolica umana è applicabile alla natura, soprattutto perché la natura ha dei cicli, oppure perché è retta da alcune differenze che sono la condizione minima perché quei cicli possano reggere. Anche nella natura – come nella società, anche se in termini diversi – è la differenza che rende possibile un sistema. L’”alternanza dei giorni e delle stagioni” è l’elemento primordiale, si potrebbe dire la grammatica di tutte le leggi. Forse è per questo che le zone dove le alternanze sono minori, dove fa troppo freddo o troppo caldo e dove quindi regna una specie di eterno inverno o di interminabile estate, oppure dove i giorni e le notti sono troppo lunghi, lì la gente vive di meno. Ci vive di meno perché mancano le condizioni per viverci, cioè precisamente l’”alternanza dei giorni e delle stagioni”. Anche da noi sta succedendo qualche cosa del genere. L’inverno che stiamo vivendo è quasi una primavera. Poi forse, la primavera non si farà vedere e piomberemo improvvisamente nell’estate. Le differenze si sono cancellate e la natura sta diventando un corpo bizzarro che non obbedisce più a nessuna legge. Quindi fa nascere negli uomini che vi devono abitare la sensazione di un organismo diverso da quello che ci si aspetta, selvatico. La natura sta diventando estranea e il mondo dà l’impressione si sfuggire alla presa.

Uomo e Dio

L’uomo biblico che vede tutto in rapporto con Dio, potrebbe vedere nelle stagioni che traballano la denuncia delle grandi disarmonie dell’uomo moderno. Questo spesso dimentica Dio e usa del mondo come se non dovesse renderne conto a nessuno. In questa ottica le disarmonie del mondo potrebbero diventare immagine delle disarmonie dell’uomo. E si spiegherebbe anche perché fanno paura: l’uomo ha dimenticato se stesso e talvolta non sa più né chi è né che cosa deve fare.