Aiutare i poveri. Ma spesso i poveri non sono simpatici

Cara suor Chiara, Papa Francesco, anche durante il suo viaggio a Milano, ha dato grande importanza agli ultimi, ai carcerati, ai poveri. Totalmente d’accordo, ovviamente. Ma con un appunto che riguarda i contatti quotidiani con i poveri. Detto in una sola parola, i poveri non sempre sono simpatici e la carità è faticosa. Cosa puoi dirmi al riguardo, anche perché credo che anche voi, nel monastero avrete a che fare con i poveri e avete, credo, una vostra esperienza al riguardo. Gigi.

Caro Gigi, l’attenzione e la cura ai poveri emerge come uno dei dati fondanti l’annuncio evangelico, e Papa Francesco lo richiama in ogni occasione opportuna o non opportuna. Gesù si è identificato con loro sino ad affermare che “ogni cosa che avrete fatto a uno di questi piccoli, l’avrete fatta a me”.

Il Vangelo non è una passeggiata

Il Vangelo è esigente, non è una passeggiata. Non suggerisce azioni buoniste da vivere in alcuni tempi forti come quello di Natale per tranquillizzare le coscienze, ma coinvolge tutta la vita. Vivere il Vangelo è una scelta impegnativa perché chiede di ripercorrere la stessa strada di Gesù. Il quale si è fatto povero perché noi diventassimo ricchi attraverso la sua povertà:

Lui che non tenne per sé la sua condizione di Dio, ma spogliò sé stesso assumendo la condizione di servo e morendo sulla croce.

Dico questo per collocare la scelta preferenziale dei poveri che il Papa ci annuncia e  testimonia. Lo fa non da un punto di vista sociologico o filantropico, ma teologale, poiché racconta il volto del Dio di Gesù e la sua rivelazione sull’uomo.

L’umanità fragile dei poveri

I poveri “veri” sono difficili, e non corrispondono sempre alle immagini un po’ edulcorate dei film o della pubblicità. La loro umanità fragile e ferita a volte provoca la pazienza e perché no, anche il rifiuto  di chi li incontra e li assiste. Essi appartengono a un mondo variegato e complesso, difficile da accostare, perché ogni situazione è unica e originale,  richiede maturità umana, delicatezza e rispetto. Ma richiede anche fermezza e autorevolezza.

La relazione con loro mette in gioco i nostri valori e l’autenticità della nostra  carità evangelica. La quale, per essere tale, deve continuamente nutrirsi della contemplazione del volto di Dio e attingere alla  sorgente dell’amore  nella preghiera.

Madre Teresa pregava molto

Esempio eloquente di questo, è il tempo che madre Teresa di Calcutta dedicava alla preghiera prima di recarsi a servire i suoi poveri. Essi  non restituiscono sempre gratitudine e  riconoscenza per quanto ricevono. È allora che infrangono il nostro bisogno di sentirci salvatori. Anzi, a volte ci mettono a nudo, ci fanno sperimentare tutta la nostra impotenza per non essere riusciti a promuovere la loro vita.

La carità chiede condivisione non solo dei beni o dei vestiti, ma anche la capacità di ascolto del loro mondo, di una realtà molto lontana dalla nostra, con categorie totalmente differenti. La nostra chiesa di Bergamo e la nostra città sono molto attente e prodighe nel servire i poveri, offrendo loro ogni genere di assistenza. Ma essi bussano alle porte delle case e dei conventi, ci fermano per le strade.  I poveri li avrete sempre con voi, diceva Gesù, e ogni epoca lo attesta.

I poveri bussano anche al monastero

Anche al nostro monastero arrivano a chiedere cibo,  un piccolo spazio di ascolto delle loro sofferenze, una parola gentile che li fa sentire persone. Ma che permette loro di sfogare anche una rabbia che devi comunque accogliere, perché segno di una sofferenza incolmabile.  Poi riprendono soli o con qualche occasionale compagno, la via della strada.

Ci sentiamo in debito verso di loro

Raccontano il volto dei poveri di ieri e di oggi, padri separati e soli, mariti disoccupati che non sanno come continuare a provvedere alla famiglia, oppure giovani scappati da casa. Ma tra di loro c’è anche Giovanni, un “povero per vocazione”, per scelta, dice lui,  poeta, pellegrino e un po’ filosofo, ma gentile come un vero “gentlemen”. Noi che abbiamo fatto una scelta di povertà ci sentiamo un po’ in “debito” con questi fratelli. Loro, quasi sempre, non hanno scelto la povertà, ma la subiscono. E non riescono o non possono pensare a un futuro migliore. La Provvidenza che ci assiste e accompagna è occasione  per condividere e  restituire quel poco che possiamo.  La nostra vicinanza è una piccola goccia che, unita a quella di tanti altri, forma il mare della solidarietà e della carità. In quel modo il corpo di Cristo che è povero, nudo, solo… viene onorato.