Il vescovo Francesco: “La pietà popolare non è una scatola vuota, ma una forza capace di costruire fede e vita cristiana”

«La pietà popolare non è una scatola vuota, ma è una forza formativa, è uno scrigno capace di costruire fede e vita cristiana». Lo ha ribadito il vescovo Francesco Beschi nel convegno diocesano «La pietà popolare, una strada per l’annuncio del Vangelo», svoltosi sabato mattina 13 maggio nell’auditorium della casa madre delle Sacramentine. È stato il quinto convegno dei sei previsti sui temi emersi nel Convegno ecclesiale nazionale di Verona. Il convegno — proposto dagli Uffici liturgico, pellegrinaggi, cultura, tempi dello spirito, migranti in collaborazione con diverse associazioni cattoliche — ha ribadito che la religiosità popolare è una componente fondamentale nell’esperienza religiosa anche nella nostra epoca ed è un patrimonio da salvaguardare perché necessario nell’evangelizzazione. «Nella nostra diocesi, la pietà popolare è molto forte — ha esordito don Doriano Locatelli, direttore dell’Ufficio liturgico diocesano, aprendo i lavori —. Pensiamo alla ricchezza straordinaria di santuari sul territorio, che sono molto importanti nella vita spirituale dei fedeli. La pietà popolare non è ostacolo o limitazione della fede, ma è preziosa occasione per riscoprire la fede». La pastorale ordinaria deve dare spazio a questa realtà tutt’altro che astratta, come ha evidenziato nella «Evangelii gaudium» anche Papa Francesco. «La pietà popolare è un luogo teologico dove è possibile sperimentare la presenza di Dio ed è un luogo di esempio nell’evangelizzazione. Infatti, la fede passa anche attraverso l’esperienza e il linguaggio della pietà popolare»..

Don Gianluca Salvi, direttore dell’Ufficio diocesano pastorale dei pellegrinaggi, tempo libero e turismo, ha ricordato la presenza di ben 114 santuari sul territorio diocesano, di cui 106 dedicati a Maria, in maggioranza costruiti fra il 1300 e il 1500. «Negli anni Settanta-Ottanta la pietà popolare sembrava un malato terminale. Giovanni Paolo II inverte la rotta e il malato terminale diviene un bimbo che cresce. Papa Francesco ha dato un nuovo forte impulso alla pietà popolare nella nuova evangelizzazione e ha affermato che la pietà popolare è la teologia del popolo». Sono stati poi portati due esempi di pietà popolare bergamasca. Don Diego Ongaro, parroco di San Giovanni Bianco, ha parlato della Sacra Spina, che ha visto nell’ultimo anno ben 415 pellegrinaggi «che arricchiscono spiritualmente la comunità e insieme interrogano la pastorale parrocchiale, chiamata a mantenere viva una memoria senza cadere nella nostalgia». Con l’ausilio di un filmato, due laici di Vertova hanno parlato della processione del Venerdì Santo, che coinvolge la popolazione e riunisce in sé «fede, tradizione, gesti, letture bibliche, canti, musiche, emozione».

Infine le conclusioni del vescovo Beschi che ha ricordato i differenti significati di religiosità e pietà popolare indicati da Paolo VI nella «Evangelii nuntiandi» (1975): la religiosità popolare è un termine indefinito che rimanda al sentimento, mentre la pietà popolare è espressione della fede del popolo di Dio. «La pietà popolare è un linguaggio di cui la comunità cristiana deve essere consapevole ed è un linguaggio efficace per un universo ampio proprio perché popolare. Il suo linguaggio mette in comunicazione tutti i sensi della persona e tocca quel ricco mondo di vita fatto di sentimenti, significati, situazioni, drammi, paure e insicurezze». Il vescovo ha infine respinto le accuse di superstizione. «È un’immagine superata per almeno due motivi: la pietà popolare porta alla conversione nella vita vissuta e il suo soggetto è il popolo con la sua fede».

Nella foto ©Frau fedeli in preghiera davanti alla Sacra Spina a San Giovanni Bianco