La memoria delle vittime della migrazione a Sotto il Monte: «Cerchiamo ciò che ci unisce, non quello che ci divide»

“Cerchiamo sempre ciò che ci unisce, mai quello che ci divide”: queste le parole di Giovanni XXIII consegnate ieri sera nel Giardino della pace di Sotto Il Monte Giovanni XXIII a quanti hanno partecipato al momento di riflessione e preghiera proposto dalla Parrocchia e il Comune di Sotto Il Monte Giovanni XXIII in collaborazione con la Provincia di Bergamo, il Vicariato Terno-Capriate-Chignolo e l’Ufficio Diocesano per la Pastorale Migratoria per ricordare le vittime della migrazione.
“La Giornata della memoria per le vittime delle migrazioni è stata istituita dal Senato il 16 marzo 2016 per fare memoria di coloro che hanno incontrato la morte durante il viaggio verso un futuro migliore. Ricordare le 368 vittime del naufragio di Lampedusa del 3 ottobre 2015 è un modo per interpellare i cittadini sui temi della migrazione e sensibilizzare alla cultura dell’accoglienza”, così ha introdotto la serata Maria Grazia Dadda, sindaco di Sotto Il Monte. La serata ha consistito in due parti: la prima parte, una tavola rotonda cui hanno partecipato Matteo Rossi, presidente della Provincia, Marzia Marchesi, coordinatrice degli enti locali per la pace, e Paolo Locatelli, rappresentante del Forum per l’accoglienza dei richiedenti asilo; la seconda, un momento di preghiera interreligiosa.
Tre i temi della migrazione affrontati dai relatori: le contrastanti reazioni provocate dall’arrivo dei migranti, la necessità di regolarizzare i flussi migratori e l’integrazione dei migranti una volta arrivati sul territorio. Ad aprire la discussione è stato Rossi che, sottolineando il senso della Giornata della memoria come “impegno reciproco per cambiare le cose”, ha proposto una duplice visione dell’arrivo quotidiano dei migranti: da un lato, chi come Erri De Luca, vede in loro vite da raccogliere, prima ancora che accogliere, come fanno i pescatori a Lampedusa, “che raccolgono dal mare la semina dispersa di vite che non sono state da noi allevate, seminate o educate”, ma che chiamano all’accoglienza; dall’altro, chi si identifica in quanti vedono nei migranti le invasioni di “Unni e Calmucchi” preannunciate dalla satira di Michele Serra. Serve, però, andare oltre quelle che sono le reazioni a caldo di fronte a quanti ogni giorno attraversano il mare in cerca di futuro, soffermandosi sulle modalità con cui questo avviene: l’intervento di Marchesi, a riguardo, era diretto a (in)formare rispetto alla proposta di legge “Ero straniero. L’umanità che fa bene”. Parole semplici ed efficaci, per dipanare ogni dubbio rispetto alla necessità di cambiare le politiche migratorie. “I migranti non sono clandestini, ma persone in fuga – inizia Marchesi, che continua -. L’attuale legge (Bossi-Fini, ndr) che regolamenta la migrazione in Italia è controproducente tanto per i migranti stessi, quanto per lo Stato in sé”: tutti quelli che ad oggi vengono definiti clandestini sono, infatti, coloro che, non potendo più emigrare in Italia in cerca di lavoro attraverso canali regolari, sono costretti a farlo per via irregolare, richiedendo lo stato di rifugiato, che, inevitabilmente viene loro negato, costringendoli, poi, ad una condizione di clandestinità. L’approvazione di questa proposta di legge permetterebbe, invece, non soltanto l’arrivo regolare in Italia di quanti sono in cerca di lavoro, ma, soprattutto, garantirebbe al nostro Paese di sopravvivere agli scenari demografici futuri: l’Italia sta invecchiando e il tasso di dipendenza tra popolazione inattiva e popolazione attiva diventerà sempre più disequilibrato verso sinistra, il che significa che il rischio per l’Italia è che non ci saranno sufficienti lavoratori contribuenti per sostenere il Paese. Il problema verrebbe, invece, ovviato dall’integrazione di nuovi lavoratori, gli attuali migranti, all’interno del mondo del lavoro. “Non per questo bisogna, però, vedere nei migranti soltanto come risorsa in termini lavorativi” prosegue Locatelli “quanto, piuttosto giovani con abilità e competenze che vogliono spendersi per diventare parte attiva ed integra della società”: la legge italiana, infatti, prevede che dopo due mesi dall’arrivo in Italia, qualunque cittadino straniero in possesso di permesso di soggiorno temporaneo si possa inserire nel mondo del lavoro. Obiettivo del Forum per l’accoglienza è, appunto, quello di permettere a coloro che sono già in possesso del permesso di soggiorno temporaneo di entrare nel mondo del lavoro in maniera regolare e costruttiva, velocizzando la burocrazia ed evitando inutili e dispendiosi diniego di richieste di asilo. “Nella Giornata della memoria per le vittime delle migrazioni, la società, noi siamo chiamati a farci costruttori di opportunità, per non restare soltanto a guardare”, conclude Locatelli.
Al termine della tavola rotonda, i partecipanti all’incontro, insieme ai ragazzi ospitati dal C.A.S. del PIME di Sotto Il Monte, hanno ricevuto una candela bianca e camminato verso il Giardino della pace. Qui, le candele accese sono state deposte sull’acqua, luci per ricordare la speranza inseguita da chi ha perso la vita in mare e quella di chi ce l’ha fatta. Al termine, ognuno dei presenti ha ricevuto un braccialetto giallo, che ha legato al polso della persona accanto, facendosi portare di speranza, intrecciando la propria storia con quella di chi gli è prossimo.