Comunità ecclesiali territoriali: con la riforma «diventa essenziale accelerare l’ora dei laici»

Tra le finalità pastorali della riforma territoriale dei vicariati della diocesi di Bergamo c’è anche quella di “suscitare e riconoscere la corresponsabilità dei laici a partire dalle loro competenze nei diversi ambiti” e quelli individuati fanno riferimento al Convegno ecclesiale di Verona: amore e relazioni, lavoro e festa, fragilità umane, tradizioni ed educazione, cittadinanza e politica”.
E’ un nodo importante, spesso molto discusso: da una parte l’esigenza di allargare la partecipazione e l’impegno è sempre più sentita nelle comunità, dall’altra spesso è ancora difficile individuare spazi e ruoli senza “invasioni di campo”, senza che l’una o l’altra componente della comunità si senta poco valorizzata. Ci sono equilibri delicati nelle relazioni, nella divisione dei compiti, nell’organizzazione quotidiana, non sempre facili da mantenere anche nella dimensione locale, delle singole comunità.
Ora in queste “Comunità ecclesiali territoriali” o Cet (sigla che sta già entrando nel linguaggio comune della diocesi) dovrebbe trovare spazio di espressione strutturata “il rapporto Chiesa – mondo”. Ci saranno concretamente occasioni di incontro tra diverse comunità, persone, associazioni, movimenti, soggetti istituzionali, di respiro probabilmente più ampio rispetto a ciò che già avviene ora. In questo senso le linee operative contenute nelle schede di lavoro allegate alla lettera circolare del vescovo dello scorso anno «Camminare insieme nella gioia del Vangelo» dicevano già che “la figura del laico e la sua vocazione trovano particolare riconoscimento e attribuzione di responsabilità non tanto come “rappresentanti” degli operatori pastorali delle comunità – come forse già avviene con i vicariati di oggi, ndr – quanto come soggetti di competenze, per una presenza significativa negli ambiti del territorio”. Sembra, sulla carta, un invito più ampio a mettersi in gioco, a sperimentare nuove forme di servizio, a cercare strade che permettano una testimonianza incisiva ed efficace dei cristiani in un contesto più ampio. «Diventa essenziale – come leggiamo nel documento finale di Verona: “Rigenerati per una speranza viva: testimoni del grande sì di Dio all’uomo” – “accelerare l’ora dei laici”, rilanciandone l’impegno ecclesiale e secolare, senza il quale il fermento del Vangelo non può giungere nei contesti della vita quotidiana, né penetrare quegli ambienti più fortemente segnati dal processo di secolarizzazione. Un ruolo specifico spetta agli sposi cristiani che, in forza del sacramento del Matrimonio, sono chiamati a divenire “Vangelo vivo tra gli uomini”. Riconoscere l’originale valore della vocazione laicale significa, all’interno di prassi di corresponsabilità, rendere i laici protagonisti di un discernimento attento e coraggioso, capace di valutazioni e di iniziativa nella realtà secolare, impegno non meno rilevante di quello rivolto all’azione più strettamente pastorale”.