Il 19 dicembre 2017, Papa Francesco ha riconosciuto le «virtù eroiche» del cardinale Stefan Wyszynski, che apre le porte alla sua futura beatificazione. Fu fiero e battagliero primate di Polonia negli anni bui del comunismo, capace di cementare Chiesa e popolo in una società solida e compatta, pronta a sostenere lo scontro, ma anche il dialogo, con il regime comunista. Nato il 3 agosto 1901 e laureato in Scienze sociali, viene ordinato sacerdote il 3 agosto 1924 per la diocesi di Wloclawek, dove diviene parroco e docente di Sociologia. Durante la tragica occupazione nazista, svolge larga parte del ministero in clandestinità. Il 25 marzo 1946 è nominato vescovo di Lublino e il 12 novembre 1948 arcivescovo di Gniezno-Varsavia. Il primate segue una linea ben delineata: tenere alta nella nazione l’autorità morale della Chiesa, vasta azione pastorale verso la gioventù per impedire l’influsso marxista, unità granitica fra clero e popolo. Nel 1950 firma un accordo con lo Stato così motivato dal primate: la crisi economica del Paese, le ragioni di Stato, le condizioni della Chiesa, stroncare la campagna governativa contro Pio XII, dipinto come antipolacco, richiesta alla Santa Sede di riconoscere i nuovi confini. Il Papa non nasconde inquietudine per l’accordo perché atto giuridico esorbitante dalle competenze di ogni episcopato. Nel 1951 Wyszynski illustra l’accordo a Pio XII, ma riceve il rifiuto sul riconoscimento dei confini, perché questione ancora irrisolta a livello internazionale. Nel novembre del 1952 Pio XII annuncia la nomina cardinalizia del primate, ma non si reca a Roma nel timore che il regime gli impedisca il ritorno. Per aver criticato nuove misure antiecclesiastiche del regime, il 25 settembre 1953 è internato in un convento senza processo. Viene liberato nel 1956 in seguito alle sanguinose proteste operaie di Poznan. I nuovi eventi portano, pur tra fasi alterne, a una nuova stagione di cooperazione fra Stato e Chiesa, nella consapevolezza che una opposizione intransigente avrebbe favorito la corrente filosovietica dei comunisti polacchi.
Nel 1957 Wyszynski può recarsi a Roma per ricevere le insegne cardinalizie e illustrare al Papa la situazione in Polonia, ma coglie la freddezza degli ambienti vaticani e deve attendere una settimana prima di essere ricevuto da Pio XII, che poi approva la sua linea. Il 28 ottobre 1958 viene eletto Giovanni XXIII, che da tempo stimava il cardinale. Ricevendo l’episcopato polacco per il Concilio, il Papa accenna alla questione dei confini. L’accenno è favorevole alle attese di Varsavia, ma scatena le proteste del governo tedesco. Dopo il Trattato di pace Germania-Polonia, il Vaticano riconosce i confini. Il cardinale vive tutti i momenti drammatici della sua patria, dalle proteste operaie nel 1970 e nel 1976 fino agli scioperi di Solidarnosc nel 1980, offrendo la sua mediazione, conscio dell’eventualità di una invasione sovietica come già accaduto a Budapest e a Praga. Invece non condivide del tutto l’Ostpolitik vaticana, perché il dialogo con i regimi comunisti non coinvolgere gli episcopati. Nel 1976 presenta le dimissioni per limiti di età, ma Paolo Vi le respinge.
Nel 1978 partecipa al conclave che elegge Giovanni Paolo II. Nel 1979 ha la grande gioia di riceverlo in patria nella prima visita alla terra nativa. Dopo alcuni mesi di malattia, il 28 maggio 1981 si spegne. Un giorno, a una domanda sulla sua linea verso il regime, aveva risposto: sono sempre rimasto seduto a un tavolo avendo di fronte un ministro del governo, ci fissavamo nell’attesa che l’altro si stancasse e se ne andasse. La storia ha dimostrato che ad andarsene è stato il regime comunista.
Nella foto archivio Sir l’abbraccio con Giovanni Paolo II nel 1979