Cosa dicono i numeri sulla presenza dei migranti in Italia. Il forte calo degli sbarchi e le verità nascoste

Quasi sempre la descrizione di fenomeni sociali complessi passa, almeno in prima istanza, attraverso la lente di ingrandimento dei numeri. Questo è tanto più vero con riferimento ai temi legati all’immigrazione che, negli ultimi decenni, sono stati oggetto di molte analisi. Però, com’è noto, le statistiche raccontano solo una parte della realtà. Una celebre frase del politico australiano William Watt ci ricorda che non bisogna fidarsi di ciò che le statistiche dicono prima di avere attentamente considerato quello che non dicono. La conferma di ciò la troviamo nella lettura degli ultimi dati sull’immigrazione.

Dal cruscotto statistico del ministero dell’Interno è possibile rilevare periodicamente i numeri sugli arrivi di migranti in Italia o sulla redistribuzione in altri Paesi, come previsto dall’agenda europea nel 2015. L’ultimo aggiornamento è proprio di questi giorni, 13 luglio per l’esattezza.
Sul sito del Viminale si legge che dal 1° gennaio ad oggi sono arrivati 17.168 migranti contro gli 86.520 giunti nello stesso periodo dello scorso anno. Quindi si registra un meno 80%.
I dati sulla provincia di Bergamo, pubblicati dall’Istat e raccolti in una ricerca della Caritas diocesana Bergamasca, parlano di 120.205 stranieri residenti più 8.000 irregolari (stimati) e le persone regolari ma non ancora registrate all’anagrafe, in tutto si arriva intorno ai 133 mila su 1.111.035 residenti, il 10,8 per cento, in calo rispetto all’11,5 del 2014.
Letti frettolosamente questi dati porterebbero alla conclusione che la politica ferma e risoluta di questo governo stia funzionando. Insomma un vero e proprio successo che nessuno era mai riuscito ad ottenere nel passato. E invece non è così. I numeri da soli non sono in grado di raccontarci la vera storia di questo decremento. Il calo degli sbarchi è il frutto dell’accordo fatto dal precedente governo con la Libia. Già un anno fa, infatti, si era registrato un decremento consistente che è continuato anche nei mesi successivi. Inoltre questo dato non è in grado di dirci la cosa più importante, ovvero che il “presunto successo” del governo nella diminuzione degli sbarchi è, contestualmente, la sconfitta e la rovina per migliaia di migranti, oggi rinchiusi nelle carceri libiche.

Quando i numeri, poi, non riescono da soli a raccontare ciò che si vuole, allora è meglio ometterli o eliminarli del tutto. È il caso dei dati sulle accoglienze che sono spariti dal cruscotto statistico del ministero dell’Interno circa un anno e mezzo fa. Oggi, dunque, è possibile aggiornarsi periodicamente su quante poche persone sbarcano o su quanti pochi migranti sono ricollocati in Europa. Ma
non è possibile sapere quante persone sono ospitate nei centri di accoglienza.
Non si fa fatica a capirne il motivo: se la diminuzione degli sbarchi è un successo e la mancata redistribuzione è una chiara responsabilità dell’Europa che va certificata sul sito del ministero, i numeri dell’accoglienza che non diminuiscono e che oggi si attestano oltre le 180mila presenze, sono invece un possibile vulnus mediatico e, quindi, conviene non pubblicarli.

Rimanendo sui numeri dell’accoglienza vale la pena ricordare lo sforzo che molte organizzazioni stanno facendo per assicurare al Paese un sistema ordinato e funzionale, nonostante certe istituzioni non manchino mai di stigmatizzare il loro operato etichettandolo come un vero e proprio business. Eppure non si curano mai di ricordare che chi lavora per l’accoglienza lo fa con un mandato preciso del governo, attraverso convenzioni con le Prefetture e gli enti locali che sono deputati, peraltro, al controllo di suddetti centri.

La Chiesa italiana, attraverso la sua rete territoriale, ha attivato oltre 23mila accoglienze in 139 diocesi (di cui 3.200 nello Sprar e altrettanti in parrocchie e istituti religiosi), una parte delle quali vengono finanziate con fondi propri o attraverso l’8×1000. Numeri importanti che raramente vengono citati dalle fonti ufficiali, ma che è importante menzionare perché raccontano lo straordinario lavoro che le organizzazioni stanno portando avanti responsabilmente a fianco delle istituzioni.

 Oliviero Forti