Sulla Soglia con la Fuci, una riflessione sull’università. “Siamo vasi comunicanti, non botti”

Il ciclo di incontri: “Sulla Soglia – Scritture e risonanze” quest’anno riprende dal luogo che piú ci caratterizza come Fucini, studenti e giovani.
Protagonisti di un dialogo attorno al tema giovani e università saranno Andrea Saccogna, rappresentante degli studenti nel Senato Accademico e Don Manuel Belli, docente di teologia del nostro Seminario, ma in passato studente di Unibg.
Giovani e Universitá un binomio quasi scontato, è naturale che si trovino giovani tra i chiostri di Sant’Agostino e le aule affrescate di Salvecchio, ma è auspicabile che questi luoghi colmi di storia possano essere pozzo da cui attingere.
Si stanno per concludere i festeggiamenti per il 50° anniversario dalla fondazione dell’Università di Bergamo e riflettere su cosa questa possa dare ai giovani, non solo in materia di opportunitá lavorative, ma anche formative è essenziale.
Ascoltando gli adulti, la percezione è che ormai tutti i giovani facciano l’Universitá e nonostante i dati confermino il contrario, a volte ci troviamo a discutere su: numero chiuso, spazi ridotti, didattica insostenibile e a parlare addirittura di Università di massa.
Tutti i giovani fanno l’Università, potrebbe anche essere vero, il modo di viverla è cambiato dall’essere uno studente lavoratore al frequentare solo lo stretto indispensabile.
Avere una laurea, nonostante è notizia di questi giorni abolirne il valore legale, rappresenta un traguardo per cui correre disperatamente talvolta lasciando in secondo piano come vivere gli anni della propria formazione. Riflettendo su questo e osservando la mia comunitá accademica mi chiedo: “l’Universitá è per tutti?”.
Ho parlato di attingere ai muri come fossero pozzi, ma per descrivere come secondo me andrebbe vissuta l’esperienza universitaria, preferisco l’immagine dei vasi comunicanti.
Dal freddo della pietra puoi sentire tutte le parole del mondo, dalle travi e gli affreschi assorbire il colore e il profumo del legno, ma se sei solo spugna ricevi e non lasci nulla.
Da Universitari non si puó solo assorbire, riempiendosi di acqua come si fosse palloncini, bisogna lasciar scorrere e contaminarsi.
L’acqua passa di vaso in vaso, non perde la sua trasparenza, lascia delle gocce dietro di sè ma ne prende di nuove.
Essere Università secondo me significa questo, contaminare e contaminarsi, lasciare un segno avendo la consapevolezza che questo tempo dedicato alla costruzione di noi servirá per permetterci di prendere la ricorsa. Non lasciare che siano solo i professori a interrogarci, ma essere noi a lasciarci provocare dalle domande e dalla curiosità di trovare delle risposte.
Essere vasi comunicanti e non botti, che assorbono vino per tenerlo al buio cent’anni e stapparlo il giorno della laurea, ma riempirsi di acqua che provenga da fonti diverse e diffonderla.
Questo attraverso la consapevolezza di essere soli, ma all’interno di una comunitá dove si puó tutti godere di quell’acqua fresca e dissetante che fortunatamente non diventerà mai aceto.