La brögna del dialèt: la camera ardente del dialetto. Poesia in lingua prima

La lingua prima – Per me il dialetto è necessità, anche nell’usarlo a scrivere poesie; ho com-preso questo assioma anni fa leggendo Libera nos a Malodi Luigi Meneghello (BUR Rizzoli), soprattutto le pagine 36 e 37 che allego (nell’immagine in fondo alla poesia). Due paginette che mi  hanno spiegato ciò che avevo tutto piegato.

“Il dialetto è il momento animale della lingua… duro linguaggio della necessità. Mangiare, bere, abitare, fottere. Il dialetto è mortale. È interamente fatto di “morte”. Chi parla di “musicalità” del dialetto non sa di cosa parla. La lingua è storica, il dialetto è cosmico. Si muore in dialetto”. E’ la pro-vocazione un po’ vanesia di Manlio Sgalambro che (con qualche stupidaggine) dice in fine delle concrete verità. Posso testimoniarlo.

Presentando a Ischitella in Puglia il libro  che si apre con la poesia di questa settimana, Giuseppe Castorina (Ordinario di Lingua Inglese all’Università Roma La Sapienza e presidente dell’Associazione Eurolinguistica-sud) ebbe a dirmi: “…una parlata che tiene insieme parole come invìs, raìs, paradìs non può che appartenere ad una lingua che … c’hai voja!…” e scuoteva la mano…

Le attribuzioni dialettali bergamasche al termine brögna, anche nelle sue varianti pop, risultano oltremodo interessanti e varie, quasi a lusingare l’amorevole rangagnare del farfalì di Umberto Zanetti che ricordo. Lui adesso l’i-stà sö franch!

Clicca sul pulsante qui sotto per ascoltare la poesia La brögna del dialèt interpretata dall’autore:

La brögna del dialèt

A l’gh’è ö spetà
che a belase
al sa fà sgrànf,
‘n do che ’l tép
a l’delima
ol zél de la schéna
e l’ma fécia
pietùs
ön invìs.

I se pògia
a sto mür vècc de calsina
ure selvasghe,
a frantömà gré de sal
e delìrio de barbèl:
otöméa de paròle
römegà
de raìs.

Scaneladüre
sö ’l sfòi
che no i tróa
paradìs.

La camera ardente del dialetto

C’è una attesa
che piano
si fa crampo,
dove che il tempo
consuma
il gelo della schiena
e mi affitta
pietoso
un desiderio.

Si appoggiano
a questo muro vecchio di calce
ore selvatiche,
a frantumar grani di sale
e delirio di falena:
autopsia di parole
ruminar
di radici.

Scanalature
sul foglio
che non trovano
paradiso.

da Dialèt, de nòcc, d’amùr di Maurizio Noris
raccolta vincitrice del Premio Ischitella 2008
edizioni COFINE Roma 2008

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