Cana, la festa, la gloria, la fede

In quel tempo, vi fu una festa di nozze a Cana di Galilea e c’era la madre di Gesù. Fu invitato alle nozze anche Gesù con i suoi discepoli. 
Venuto a mancare il vino, la madre di Gesù gli disse: “Non hanno vino”. E Gesù le rispose: “Donna, che vuoi da me? Non è ancora giunta la mia ora”. Sua madre disse ai servitori: “Qualsiasi cosa vi dica, fatela” (Vedi Vangelo di Giovanni 2, 1-11. Per leggere i testi liturgici di domenica 30 gennaio, seconda del Tempo Ordinario “C”, clicca qui)

Il vangelo di Giovanni, come noto, non racconta molti miracoli, a differenza di Matteo, Marco e Luca. Ne racconta, per l’esattezza, solo sette, quasi tutti occasione di dibattito attorno a Gesù e alla sua identità. Il primo dei sette miracoli – dei “segni”, li chiama l’evangelista – avviene a Cana, una villaggio della Galilea, durante una festa di nozze. Alla festa sono invitati Maria, la madre di Gesù, Gesù stesso e i suoi discepoli.

Una festa di nozze che rischia di girare male

Le nozze duravano fino a sette giorni e si beveva molto. A un certo punto della festa, Maria s’accorge che il fino viene a mancare e, di conseguenza, la festa rischia di girare male. Maria fa notare l’inconveniente a Gesù. “Donna, che vuoi da me?”, risponde Gesù. E motiva la sua relativa presa di distanza: “Non è ancora giunta la mia ora”, dice. L'”ora”, nel Vangelo di Giovanni, è quella della morte-risurrezione. Gesù, con la sua risposta alla madre, dice che quell’ora non può essere inaugurata anzitempo ma, annunciandola, afferma che Maria e, con lei, tutto il popolo di Israele, può sperare. Per questo Maria non si lascia scoraggiare e dà l’ordine ai servi. Qui a Cana inizia a svelarsi quell’ora. Questo avverrà se ci si mette totalmente alle dipendenze del Messia, se si farà tutto quello che lui dirà.

Alcuni particolari simbolici del racconto vanno segnalati. L’acqua viene versata in sei giare di pietra. Ognuno contiene da ottanta a centoventi libri. Il totale del vino era quindi da quasi 500 a oltre 700 litri di vino. La pietra ricorda, forse, l’Antica Alleanza: la Legge era scolpita sulla pietra… Queste giare sono vuote, pesanti, senza vino, dunque senza amore e senza festa. E poi sono sei, insufficienti e incomplete, in difetto rispetto al numero pieno che è il sette. E servono per la purificazione, il rito vuoto e anch’esso senza vita dell’Alleanza ormai alla fine. Ciò che avviene, dunque, è ormai frutto dell’iniziativa di Gesù. Lui è il nuovo.

Gesù, protagonista defilato

Il racconto del “segno” di Cana, contiene un particolare strano. Dell’incidente del vino che sta per finire si accorge solo Maria. “Colui che dirigeva il banchetto”, una specie di maggiordomo, pensa che il vino sia un dono inatteso dello sposo. Tutto dipende da Gesù, dunque, ma nessuno lo sa. Lo sanno soltanto i personaggi più marginali, i servi, perché sono stati loro ad attingere l’acqua e hanno visto quello che è successo. Per cui ciò che tutti vedono e gustano non è il segno strepitoso dell’acqua trasformata in vino, ma i suoi effetti: alla fine, quando la festa sta per concludersi, è arrivato il vino più buono e, quindi, la festa gode di uno strepitoso rilancio, proprio nel momento in cui nessuno se lo aspettava. E’ da questa esplosione finale della festa che nasce la fede dei discepoli. Anche dei discepoli, infatti, non si dice che hanno visto il segno. Si dice invece che Gesù “manifestò la sua gloria e i suoi discepoli credettero in lui”. Gesù rende felici gli uomini e quella felicità, dono inatteso che viene dal Messia presente in mezzo a loro, è la culla da cui nasce la loro fede.