“Un bambino immigrato sta annegando? Lo caccerei sott’acqua fino a quando non respira più”

Domenica è la giornata del migrante. Mi è stato raccontato che, in una accesa discussione sul problema degli immigrati, un signore ha affermato che, se fosse per lui, non solo non darebbe soccorsi ma, se gli capitasse di vedere un bambino che sta annegando, lo caccerebbe sotto l’acqua fino a quando è sicuro che non respira più. Quel signore va a messa tutte le domeniche. Sono rimasto sconvolto. Ma secondo te, è possibile, mettere insieme il Vangelo è una crudeltà simile? Gigi.

Mi addolorano moltissimo tali prese di posizione da parte di cristiani praticanti, caro Gigi!

Si va a messa e si odia

Mi chiedo se è mai possibile tenere insieme il Vangelo con una simile durezza o pensare che la frequentazione dell’Eucarestia domenicale, fondamento e sorgente dell’amore fraterno, possa convivere tranquillamente con tali sentimenti?

Comprendo quanto la situazione dei migranti sia un tema piuttosto “scottante” e complesso ai nostri giorni; non nego le difficili problematiche ad esso annesse. Ma vorrei sottolineare che non è lecito covare nel cuore tali prese di posizione. A quel signore, di cui parli, vorrei chiedere: “Se il bimbo in mare fosse tuo figlio o tuo nipote? O se, per caso,pardon – fosse il tuo cane o il tuo gatto? Che faresti?”. Mi tornano alla mente le parole di Gesù: «Chi di voi, se un asino o un bue gli cade nel pozzo, non lo tirerà subito fuori in giorno di sabato?» (Lc 14, 5).

Chiedersi che cosa significa credere

Qualcosa “scricchiola” nel modo comune di intendere e vivere la fede ed è necessario prendere i giusti provvedimenti.

Le gravissime situazioni umanitarie che stiamo vivendo possono essere un’occasione preziosa per riandare alle origini della nostra vita cristiana e prendere consapevolezza della qualità del nostro credere.

Non per nulla papa Francesco, al termine del messaggio per la giornata del migrante e del rifugiato, conclude così:

Attraverso i migranti il Signore ci chiama a una conversione, a liberarci dagli esclusivismi, dall’indifferenza e dalla cultura dello scarto. Attraverso di loro il Signore ci invita a riappropriarci della nostra vita cristiana nella sua interezza e a contribuire, ciascuno secondo la propria vocazione, alla costruzione di un mondo sempre più rispondente al progetto di Dio.

È urgente tentare di unificare la nostra vita proprio a partire dalla fede; il pericolo di compierescelte totalmente “scollate” dalla vita cristiana è reale per il cristiano: raramente il culto che celebriamo ogni domenica “dà forma” alla nostra mente, illumina sufficientemente la nostra coscienza e orienta le nostre scelte. Eppure il Vangelo che ascoltiamo ogni settimana ha in sé una forza dirompente e una vitalità tali da “spostare le montagne”.

C’è gente che è “religiosa” ma non crede

È triste prendere consapevolezza che noi battezzati, spesso, confondiamo l’essere religiosi con l’essere credenti. Siamo religiosi, profondamente religiosi, ma poco o per nulla credenti.

La differenza? La persona “religiosa” vive rigorosamente attenta al culto, all’osservanza scrupolosa delle norme rituali e alla difesa delle sue simbologie, per questo è destinata ad invecchiare senza crescere interiormente, prigioniera com’è del suo piccolo mondo.

Quella “credente”, al contrario, è consapevole di essere abitata interamente dal mistero di Dio e con molta disponibilità tenta di renderlo visibile a quanti incontra nel cammino della vita sporcandosi le mani nelle zolle di questa nostra storia, cosciente che la dinamica della fede la chiama a generare vita in ogni ambito dell’esistenza.

Ancora: il “religioso” non è toccato minimamente dalla buona notizia del Vangelo, quello “credente” ne è trafitto e brucia dal desiderio di diffonderla ovunque egli vive!

La sfida non può lasciarci indifferenti. A noi la difficile, impegnativa e urgente scelta! Ne va della veridicità della proposta cristiana e della nostra testimonianza.