“L’oratorio è di tutti”. Sì, anche quando si devono assumere responsabilità

Una delle espressioni che si sentono pronunciare più frequentemente negli ambienti oratoriani è “l’oratorio è di tutti”. L’utilizzo di questa frase è variegato: lo affermano i bambini quando arriva il gruppetto dei grandi che non vuole lasciarli giocare nel campo da calcio, lo ricordano i volontari chiedendo il rispetto del loro impegno, vi fanno appello le persone per ricordare che questo luogo educativo cristiano può essere frequentato da tutti i bambini e i ragazzi, a prescindere dalla provenienza, dalla cultura, dal colore della pelle e dalla religione professata.

Una verità ovvia. Troppo

Credo che dinanzi a questa frase si possano avanzare ben poche obiezioni: chi oserebbe affermare il contrario o mettere in discussione la verità che afferma? Tuttavia, come tutte le frasi che sono divenute veri e propri slogan, mentre affermano qualcosa di evidentemente vero, si espongono al rischio di venire utilizzate in modo discutibile o di essere dimenticate quando, invece, sarebbe bene ricordarle.

Personalmente, credo che questa affermazione, “l’oratorio è di tutti”,  necessiti di essere specificata, per essere educativa. Su questo vorrei riflettere, in particolare su un paio di aspetti. Innanzitutto, suggerirei in alcuni casi questo completamento: “L’oratorio è di tutti quelli che ne rispettano le regole fondamentali”. L’oratorio, lo spiego spesso ai miei ragazzi, in quanto luogo educativo non può essere il luogo dove tutto è lecito, dove mi permetto quegli atti di maleducazione che sarebbero sanzionati in casa mia. In oratorio ci sono le regole di base dell’educazione e le persone che sono lì per farle rispettare.

Pertanto, quando qualche ragazzo viene da me lamentando che il tal volontario lo ha fatto uscire dall’oratorio, dopo aver ragionato insieme sull’accaduto, io ricordo questo. Resta vero che in alcuni casi di palese mancanza dell’ABC dell’educazione, per varie cause, in primis l’assenza della famiglia in questo ambito fondamentale della crescita, è importante aver cura di chiamare il ragazzo, ascoltarlo e, con pazienza, aiutarlo a comprendere come deve comportarsi.

Tuttavia, è altrettanto vero che in alcuni casi, soprattutto quando ci sono pochi volontari, il gruppetto di ragazzi che stanno creando problemi è consistente e la situazione è tesa o addirittura pericolosa, l’azione è necessaria. Essa comprende anche la possibilità di dire a chi si pone in modo maleducato di uscire per un po’ dagli ambienti dell’oratorio.

Tutti responsabili. Soprattutto gli adulti

Qui si collega l’altra aggiunta con la quale direzionerei l’espressione che dà titolo a questo articolo e sulla quale vorrei spendere qualche parola in più. Direi che potremmo dir così: “L’oratorio è di tutti, anche nelle responsabilità”. Se questo è vero anche per i ragazzi, lo è in primis per gli adulti.

Dico questo alla luce di una chiacchierata con alcuni volontari tra i più presenti in uno dei miei oratori. Quando accadono episodi di difficoltà nella gestione di qualche ragazzo in oratorio, la frase tipica di alcuni è: “dov’era il don?”. Interessante, questo concetto. Ora, quando il don è in oratorio, giustamente interviene, come spesso accade.

Tuttavia, mi sembra che questa frase sottintenda un concetto del curato come del baby sitter a tempo pieno e a costo zero, tale per cui deve esserci sempre e passare il suo tempo a perlustrare gli spazi e richiamare. No, su questo direi che non ci siamo. Perché o davvero quell’oratorio è di tutti, quindi a tutti sta a cuore l’educazione e tutti interveniamo quando serve, o stiamo sbagliando strada.

Certo, qualche caso difficile richiede l’intervento del sacerdote e qualche volta nemmeno lui è sufficiente (mi è capitato di dovermi rivolgere alle forze dell’ordine, soprattutto a fronte di ragazzi grandi sotto effetto di sostanze o impegnati in attività di uso o spaccio delle stesse), ma in generale basta un richiamo di un adulto per calmare il ragazzo fuori dalle righe. È troppo facile lamentare l’assenza in quel momento di una persona per giustificare mancanze proprie.

I preti sono sempre di meno

Peraltro, non possiamo dimenticare che si sta delineando, anche nella nostra diocesi, un significativo calo, dovuto alla mancanza di preti giovani, di sacerdoti impegnati nella cura di singoli oratori.

Il futuro, da quanto mi sembra di capire, vedrà i preti giovani responsabili di più oratori ciascuno o di un territorio a livello di pastorale giovanile, impegno che, lo dico per esperienza, va conciliato con l’insegnamento a scuola, il dialogo e il lavoro d’equipe con i diversi enti (comuni, scuole, enti educativi, cooperative), la preparazione di riunioni o formazioni e la necessaria disponibilità ai colloqui personali con chi ha bisogno, costitutivi della vita del prete.

Mettiamoci dunque al lavoro, perché quel luogo che davvero è di tutti, a tutti stia a cuore e sia spazio e tempo di assunzione di responsabilità condivise, tra tutti.